Ed ora il gran finale. Per quale motivo la soluzione di Bontempelli è falsa? Perché lui l’ha basata sulla soluzione del ventilatore. Ora pensateci: un ventilatore, per quanto grande e potente sia, non ha mai un raggio d’azione di 180°: in pratica, tutti i ventilatori, non roteano sul loro asse di 90° a destra e 90° a sinistra, ma meno. Che cosa consegue? Che la superficie ammantata di polvere non sarebbe stato tutto il pavimento della sala ma in pratica una zona centrale. Qualcosa come un trapezio, lasciando dei triangoli ai lati estremi non ricoperti di polvere. Certo avrebbe potuto muoversi in un senso o nell’altro, ma, muovendosi avrebbe lasciato impronte, che poi avrebbe dovuto ricoprire, eccetera... Pensateci: chi mai aveva accesso agli appartamenti, e insieme all’Immobiliare, e nel tempo stesso, poteva avere accesso ai cassetti delle scrivanie? Solo una persona. Perché vedete, non sta in cielo ed in terra, che i cassetti di una scrivania d’ufficio siano in copia unica: sono sempre fornite in coppia. E quindi…”. “E quindi?”.

“Quindi… ha sottratto soldi dalla società, ed è stato scoperto da Elisa, che per stare zitta, voleva essere ricompensata. Lui non poteva, perché in qualsiasi momento il ricatto sarebbe continuato magari sotto altra forma.

Ha dovuto quindi chiuderle la bocca: quella mattina di sabato è uscito con tutti gli strumenti, anche la garrotta. L’ha lasciata nel cassetto di Restani. Poi ha predisposto la trappola. L’ha tradito il cuscino.

“Il suo è stato un gioco di parole, dicendo che le doveva chiudere la bocca? Perché ho pensato che…”

“Credo che abbia pensato bene. Volevo dire proprio quello. Ha abusato sessualmente di lei in quel modo perché era la sua vendetta perché lei la bocca l’aveva aperta troppo prima…per parlare, o almeno per tentare di farlo. E le ha reciso la lingua per lo stesso motivo. Vendetta, non pazzia. O almeno, non solo. E quando ha tentato di recuperare il cuscino, facendo scoprire il cadavere da un cliente,si è accorto con rabbia, che proprio quel cliente, l’Ing. Gresson, che non poteva immaginare stesse in rapporti così stretti col Prefetto, non gli avrebbe consentito di farlo sparire, come si riprometteva. Ed il portiere che lo ha intravisto scendere dal sesto piano, e non scendere più Elisa deve aver pensato che doveva esser scesa quando lui non era presente, ma poi quando il delitto è stato scoperto, ha capito e lo ha ricattato.

Restani invece è morto solo per riversar su di lui i sospetti residui.

Il nostro amico è stato molto abile a farci vedere come lo scasso alla porta fosse un falso, in quanto se davvero qualcuno avesse forzato la porta chiusa, anche la serratura avrebbe dovuto avere segni di effrazione e così invece non era. A proposito... dov’è finito?”.

“Chi?”.

Uno sparo nell’altra stanza pose la parola “fine” alla vicenda: con una Beretta Calibro 9, aveva posto fine alla sua esistenza… Teodoro Bontempelli. 

EPILOGO

Durante i lavori di ristrutturazione, nonostante l’appartamento si presentasse in più che buone condizioni, ci si accorse che in base alla piantina catastale, il muro a destra nello studiolo sarebbe dovuto essere molto più in là, di circa due metri.

Cercarono a lungo, pensando che ci fosse un’apertura occultata, insomma una porta segreta, ma invano. Sondando, ci si accorse però che c’era una sezione di muratura che è come se suonasse a vuoto, forse segno che lì dietro c’era uno spazio vuoto.

Buttarono giù il muro, davanti alla Signora Delle Corti, nuova proprietaria. L’assassinio aveva avuto come contraccolpo che il costo dell’appartamento era sensibilmente sceso. E così Gresson e consorte, buttando al vento considerazioni di ordine generale, avevano acquistato quell’appartamento, così noto alla Cronaca Nera.  Prima poche, ma poi altre pietre rotolarono… Una nera apertura gli si aprì davanti. Un forte odore di muffa e di qualcos’altro colpì immediatamente le loro narici. Poi scattò in avanti qualcosa e videro la punta di un vecchio stivale militare. Con le torce fecero luce.

Prima dal basso, poi sempre più in alto, gli operai illuminarono uno scheletro: aveva indosso degli stracci, quella che sembrava una lacera divisa della Decima Mas. Sul davanti delle decorazioni. Un teschio chinato in avanti con un basco di traverso, e qualche capello che spuntava ancora. Neanche due minuti passarono, e una folata di vento lo fece ondeggiare, ed improvvisamente rovinare, in uno stridore di ossa.

Il teschio rotolò sul pavimento, fermandosi davanti alle scarpe della signora Delle Corti. Con le orbite vuote, rimase a fissarla.

Ancora una volta un urlo riecheggiò in quel palazzo: avevano trovato Fabrizio Del Dongo, il collaborazionista dei tedeschi che le autorità avevano cercato per tanto tempo. Chi aveva abitato in quell’appartamento negli anni dopo la Guerra, aveva cercato in tutti i modi, e lo sa Dio se è vero, di convincersi che quella voce che le pareva di udire qualche notte nello studio, e quel rumore di tacchi non fossero altro che il rumore di assestamento del legno dei mobili e del vento che penetrava attraverso alle finestre.

Dopo il ritrovamento, anche i Gresson cercarono di disfarsi di quell’appartamento, in tutti i modi.

Cercarono di fittarlo, ma la fama maledetta accompagnava quel luogo, e uno a uno i possibili acquirenti si dileguavano, appena saputi i fatti lì accaduti.

Ancor oggi, c’è chi giura che di notte si sentano passi risuonare sul marmo e luci vagare, e ogni tanto si senta uno sbattere di tacchi. E poi qualcuno, con una voce che pare uscire dalla tomba, dire: “Saluto al Duce”.

L’appartamento fu lasciato sfitto.

L’Ingegner Gresson e gentile Signora tentarono più volte di venderlo.

Non risulta a tutt’oggi che vi siano ancora riusciti.

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F I N E