Poi, siccome non c’erano altre prese di corrente, anche nel corridoio, dopo aver fatto la stessa operazione compiuta per il salone, ha distribuito la polvere. Ha chiuso la porta. Ha aspettato che il portiere si allontanasse ed è sgattaiolato via; ma non dev’essere stato particolarmente accorto, giacché è stato scorto dal portiere che capendo di cosa si fosse macchiato, ha tentato di ricattarlo, defungendo poi prematuramente. Ha controllato gli alibi dei quattro, Commissario? Per il sabato mattina?”. “Sì certamente. Dicono di essere stati a casa a riposare”.

“Uno dei quattro mente: l’ho chiamato io a casa quel giorno, quella mattina, quattro volte: una alle 10, una alle 10,30, una alle 11, una alle 12,30 e mai nessuno mi ha risposto. Ha perquisito le abitazioni?”.

“Che motivo avrei dovuto avere per richiedere tale misura?”.

“Lo faccia. Glielo consiglio. E casomai non trovasse nulla, provi nei cassetti delle scrivanie in Ufficio”.

“Lei le chiavi non le ha?”.

“C’è una chiave unica per ogni cassetto, e la tengono direttamente loro: non la restituiscono neanche quando vanno in vacanza”.

“Vedremo. Lei che ne dice signor Giudice?”.

“Bontempelli, lei per parlare così è sicuro al cento per cento di quello che fa?”.

“Ovviamente”.

In quella giornata quattro squadre di agenti si recarono presso le abitazioni dei quattro e compirono le perquisizioni, ma dopo tre ore di minuziosi controlli, non uscì nulla. Quindi si recarono in Ufficio e sotto lo sguardo allibito di 3 dei quattro impiegati, si fecero dare la chiave e perquisirono le scrivanie, invano. Siccome il quarto era irrintracciabile, forzarono i cassetti, e in quello in basso a destra, trovarono una pistola di identico calibro rispetto a quella che aveva ucciso il portiere, mentre nel cassetto in alto a sinistra, assieme a bolli, punte da disegno e gomme, trovarono uno spago e una molletta da bucato, separata a metà.

“La pistola usata per uccidere il portiere, e lo spago assieme ai due legnetti della molletta diventa una garrotta perfetta per strangolare”.

Paolo Resta fu trovato svenato nel bagno di casa sua: vicino a lui una lettera di confessione,interrotta. Era lui l’assassino.

Almeno fino a quando il dottor Amboissy dimostrò che non lo era stato.

SOLUZIONE FINALE  

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Erano passate circa due settimane dal ritrovamento del cadavere di Resta. Il dottor Amboissy cominciò: “Vedete in questo caso siamo stati presi letteralmente per il naso. L’assassino ci ha deliberatamente indirizzati verso una inevitabile conclusione, non vera: l’ASSASSINIO NON SI È SVOLTO NELL’APPARTAMENTO AL QUINTO PIANO”.

“E dove allora?”, chiese Ambrosiani.

“Al piano soprastante, al SESTO PIANO”.

“Ma come avrebbe fatto l’assassino? Avrebbe sceso le scale portando il cadavere con sé?”.

“Nient’affatto. Oh, indubbiamente si è trattato di un colpo di genio. Non ci avrei sicuramente pensato se non si fosse accennato ai lavori di ristrutturazione.

È vero che i grandi lavori hanno riguardato l’altra ala del palazzo, ma uno dei due inquilini mi ha detto che al sesto piano c’era quel marchingegno di plastica dura, formato sembra da tanti tini messi uno dopo l’altro e privati del fondo, di colore giallo o arancione: servono per scaricare i materiali di risulta, quando non si possa utilizzare la carrucola per scaricarli d’abbasso.

Ecco, allora cos’è accaduto. La povera Elisa aveva un appuntamento con un sedicente compratore, che non s’è fatto vivo: ma sarà poi esistito? E se fosse stato l’assassino ad attirarla lì con uno stratagemma? Noi abbiamo saputo che doveva far vedere l’appartamento che ha fatto vedere Bontempelli a quella coppia quando poi ne è stato scoperto il cadavere...  E se invece fosse stata attirata da qualcuno che avesse voluto visitare l’appartamento soprastante? Cosa avrebbe fatto?

Il portiere rivelò che lui non aveva visto nessuno arrivare assieme a lei o dopo.

Pigliamo per buona l’ipotesi di Ambrosiani: l’assassino si nasconde prima e aspetta che la vittima arrivi, ma al 6° piano. Arriva, la sorprende e la immobilizza.

Ho chiesto le chiavi degli altri appartamenti nei giorni scorsi, dicendo che dovevo fare degli esami, e i colleghi di Restani me le hanno date. Del sesto piano c’erano 3 chiavi, tutte.

Vedete, sviati dai falsi indizi, non abbiamo, o meglio non avete controllato quante chiavi vi fossero nel mazzo di Elisa: ce n’era una in meno, ho controllato, quella del sesto piano, che invece era in Ufficio. Se l’avessimo trovata, in teoria avremmo potuto anche perquisire anche quell’appartamento ed era quello che l’assassino o l’assassina non voleva.