Non tutti sanno che l’opera di un autore tedesco avrebbe, secondo alcuni, addirittura influenzato I Delitti della Rue Morgue, il romanzo scritto da Poe nel 1841, che introdusse nel mondo della letteratura il primo investigatore moderno con la figura di Auguste Dupin. Ernst Theodor Amadeus Hoffmann nacque nel 1776 e morì nel 1822 e fu scrittore, pittore, compositore e giurista, nonché creatore della signorina de Scudéry, “detective” per caso e protagonista del racconto La signorina de Scudéry - Una storia dell'epoca di Luigi XIV, pubblicato nel 1819.

La vicenda si svolge nella Parigi di Luigi XIV, ancora sconvolta dal cosiddetto Affare dei veleni, episodio che ebbe luogo fra il 1670 e il 1680, quando numerosi personaggi legati al mondo della corte francese finirono coinvolti in una grande e sconvolgente inchiesta. Molte persone, fra cui la famosa La Voisin, furono condannate e giustiziate, colpevoli di aver offerto servizi alquanto particolari ai frequentatori della corte di Luigi XIV: veleni per sbarazzarsi dei propri mariti, filtri d’amore, aborti, eliminazione di neonati indesiderati, nonché messe nere ed esorcismi.

Fu istituita perfino una commissione speciale per giudicare i sospettati, la Camera Ardente, di cui Hoffmann offrirà una spietata rappresentazione, incolpandola di aver ostacolato le indagini sui crimini che avevano sconvolto la Parigi del suo racconto e soprattutto di aver terrorizzato la città molto più di quanto avesse potuto fare il misterioso assassino de La signorina de Scudéry.

Al di là della trama, ciò che più colpisce un lettore moderno sta nella comparsa di elementi che andranno a costituire alcuni dei topoi dei gialli moderni: una serie di delitti apparentemente inspiegabili, un innocente accusato ingiustamente e una persona che non fa parte della polizia e si scopre in grado di svelare gli indizi che porteranno alla soluzione del mistero. In certi punti della storia Hoffmann sembra veramente anticipare il futuro: introducendo il tema della psiche e dei traumi infantili, La signorina de Scudéry appare come il primo antenato di quel genere di romanzi gialli che pongono al centro dell’intera vicenda la figura di uno squilibrato, il pazzo nel quale l’impulso omicida è svegliato da una voce che solo lui può sentire, spesso mosso dall’ossessione per un qualche oggetto.

A tal proposito è curioso notare come il comportamento dell’assassino creato da Hoffmann sia stato più volte legato al fenomeno (all’epoca ancora sconosciuto) del disturbo dissociativo, lo sdoppiamento di identità, che certamente non poteva essere noto all’autore: la sua fantasia si è rivelata dunque quasi profetica.

Tuttavia, i critici non hanno mancato di notare che, sebbene sia stato più volte definito come la prima Kriminalgeschichte (storia poliziesca) della letteratura tedesca, La signorina de Scudéry non può essere veramente considerato un anticipatore del moderno racconto giallo al pari delle opere di Poe o Doyle. È infatti assente la figura dell’investigatore professionista: se anche il lettore si sforzasse di considerare la signorina de Scudéry come un detective fuori dalla norma, comunque dovrebbe infine riconoscere tutta la sua limitatezza. Ella infatti non è in grado di risolvere il mistero grazie ai metodi deduttivi che renderanno tanto affascinanti gli investigatori di altri romanzi: soltanto il suo sesto senso le suggerirà che il vero assassino non è ancora stato catturato e fondamentale sarà la sua vicinanza al re e il potere che naturalmente deriva da ciò.

Guidata solo dalla fiducia nei propri presentimenti e nelle proprie emozioni, la signorina de Scudéry sarebbe dunque il “detective” più lontano dal freddo Sherlock Holmes che un autore possa creare. Ciò che la spinge a cercare la verità è la sua umanità e la pietà per il giovane che sta per essere condannato ingiustamente: quello che davvero sembra importante non è tanto che lo spietato assassino venga catturato, bensì che il giovane Olivier possa tornare dalla sua fidanzata come un uomo libero.