Metti una sera di incontrare Sherlock Holmes in un romanzo in cui non te lo aspetti. Succede ne Il maledetto (Mondadori), ultima fatica letteraria della famosa scrittrice americana Joyce Carol Oates. D’accordo, Holmes non è il protagonista della storia. È uno dei tanti – anzi, tantissimi – personaggi che animano le pagine del libro voluminoso, colto e abbastanza complicato. La segnalazione, tuttavia, è d’obbligo, perché la sua non è una presenza di contorno come accade per Mark Twain (qui quasi sempre citato col suo vero nome, Samuel Clemens). Certo, è meno presente di Jack London ma, pur se in poche pagine, Sherlock Holmes finisce comunque per ritagliarsi un ruolo da protagonista, rappresentando – con l’altro socialista citato nel libro, Upton Siclair, – una delle due sole voci che cercano di contrapporre il razionale alle vicende soprannaturali che sconvolgono Princeton, sede della gloriosa università del New Jersey, Stati Uniti. E dico che cerca una soluzione razionale, perché non sono convinto che il consiglio che dispensa per sconfiggere la “maledizione” che grava su Princeton sia davvero un consiglio da Sherlock Holmes! Lo sono le motivazioni (è lecito andare oltre la legge per sconfiggere un crimine peggiore di quello che è stato commesso) ma nel contesto del romanzo il consiglio, almeno a me, sembra non proprio razionale a tutto tondo come sarebbe lecito aspettarsi dal detective di Baker Street. Ma è possibile che tutto si giustifichi col fatto che Holmes appare in scena non nella realtà (forse) ma nei sogni-vaneggiamenti del professor van Dyck.

Intanto, però, la vicenda, con qualche riga dal risvolto di copertina. “Princeton, New Jersey, inizio del Ventesimo secolo: un luogo ideale per la tranquilla vita di famiglia, un posto elegante per gente elegante. Ma qualcosa di oscuro e pericoloso sta in agguato ai confini della città. Un veleno maledetto è pronto a diffondersi per contagio tra gli abitanti: vampiri e fantasmi popolano senza tregua i sogni degli innocenti. È la fine dell’inverno quando una potente maledizione si abbatte sulla giovane discendenza delle famiglie più in vista della città, e le loro figlie iniziano a scomparire”. E ci sono anche alcuni omicidi inspiegabili…

Siamo davanti a un romanzo gotico, dove il gotico e gli eventi “surreali” e “irrazionali” che sconvolgono Princeton sono la chiave di lettura per leggere la società americana del tempo (ma anche, con le dovute differenze prodotte dall’evoluzione storica, quella attuale): lo strapotere e l’indifferenza dei bianchi presbiteriani di fronte alla ferocia del Ku Kux Klan, allo sfruttamento dei bambini operai, alla disperazione dei negri e degli emigranti dall’Europa orientale e meridionale, all’antisemitismo, all’ “indicibile” sesso (poco importa che sia etero o gay); e la convinzione dei bianchi presbiteriani circa la sottomissione delle donne cui non è concesso studiare né scegliersi un marito,e  provare piacere, e votare. E siamo di fronte ad un pensiero di superiorità razziale e culturale (ben espresso dalle figure del futuro presidente degli Usa Woodrow Wilson e dallo spaccone Jack London) che attraversa tutti: democratici, conservatori e rivoluzionari.

A fare da contraltare a tutto questo, le voci del socialista Upton Sinclair (realmente esistito) e Sherlock Holmes. Il primo è la voce della denuncia che non trova risposte alla “maledizione” se non sperando che la rivoluzione si faccia al più presto possibile; il secondo, invece, è la voce della razionalità. A portare in scena il detective è il professore di filosofia Perace van Dyck – che cadrà a sua volta vittima della “maledizione” – che è convinto che solo applicare il metodo scientifico d’indagine di Holmes possa permettere di dare soluzione agli eventi. E accade che Holmes, in una fredda notte di maggio, giunga nella sua casa (ma come detto forse si tratta di un  sogno-vaneggiamento), per aiutarlo nella sua impresa. Il dialogo tra i due è la metafora di quanto distanti siano la cultura inglese e quella americana (e nel Canone sherlockiano ci sono parecchi indizi al proposito).

E, a proposito di Canone, mi preme sottolineare due o tre aspetti. La parte relativa al metodo scientifico di Sherlock Holmes e all’opera di Arthur Conan Doyle non mostra pecche (ma d’altra parte la Oates è docente di letteratura proprio a Princeton). L’iconografia del personaggio è sostanzialmente corretta sia per quanto riguarda i tratti fisici e i modi di agire, sia per l’assenza (e la Oates lo fa sottolineare a van Dyck) della pipa calabash. Intrigante la citazione de “La criniera del leone”, dopo averci parlato di queste strane e mortali meduse (uno dei personaggi ne resta ucciso) sulle spiagge delle Bermuda dove sono in vacanza alcuni protagonisti del romanzo. Stona, invece, agli occhi dell’appassionato, che Sherlock Holmes sia negli Stati Uniti nel maggio del 1906 (anche se per ragioni letterarie la Oates dice di aver compresso tra il 1905 e il 1906 fatti che si sarebbero svolti tra il 1905 e il 1910), perché dal Canone sappiamo che il detective calcò il suolo americano solo nel 1912, quando era sulle tracce del barone tedesco Von Bork (vedi il racconto Il suo ultimo saluto). Viene, infine, citata un’avventura del 1889 che mi è suonata del tutto nuova (L’avventura della culla avvelenata). Ora, io ho scarsa familiarità con la lingua inglese e quindi potrei sbagliarmi. Tuttavia ho l’impressione che più che di un’avventura mai narrata (che non ricordo) si tratti di un’invenzione romanzesca della Oates… O forse, potrebbe anche essere un richiamo ad un apocrifo radiofonico del 1947 (The case of the cradle rocked itself) utilizzato per richiamare la tragica morte di un neonato di cui si parla nel romanzo.

Come si può ben capire, non si tratta né di un apocrifo né di un libro sherlockiano. Ma un magazine che cerca di informare sul mondo di Sherlock Holmes non poteva tralasciare di fare questa segnalazione.

Al di là di Holmes, comunque, se vi piace il gotico, è l’occasione per leggere un libro intelligente – anche se non semplice, anzi niente affatto semplice – sulle convinzioni, le paure e i pregiudizi della classe dominante degli Stati Uniti.