Passeggeri notturni di Gianrico Carofiglio, Einaudi 2016.

“Voci che risuonano nell’oscurità di vagoni semivuoti, lampi che scaturiscono da frammenti di conversazione, profumi nascosti negli anfratti della memoria. I titoli di questa singolare raccolta- trenta scritti di tre pagine ciascuno- rappresentano di volta in volta un genere diverso, in un susseguirsi di aneddoti, brevi saggi, racconti fulminei. Li popolano soprattutto figure femminili sfuggenti e indimenticabili, mentre a vicende drammatiche, o amare, si alternano situazioni comiche, sempre in un gioco di specchi tra realtà e finzione.”

Ho ripreso quasi tutta la quarta di copertina che sintetizza in maniera efficace la struttura e il contenuto del libro (altrimenti che servono a fare le quarte di copertina). Posso aggiungere qualche spunto lasciando il resto al lettore.

Per esempio che non sempre vincono i cattivi come il bullo di scuola messo a posto dal “sempliciotto”, o l’energumeno truffatore schiaffeggiato da una coraggiosa donna di passaggio. Consigli e giudizi che si accavallano fra loro. Occhio alle ragazze bellissime dalle labbra sensuali e fisico urlante che ti offrono da bere. Ci sta che da qualche parte spunti la fregatura. Occhio, pure, all’avverbio “assolutamente” che “nasconde le peggiori malefatte”. Il rapporto a due, specie nel matrimonio, a volte diventa un vero tormento per la donna (l’uomo si trasforma in una specie di mister Hyde) che deve uscirne al più presto possibile. Sul tema della verità basta affidarsi a ciò che diceva Groucho Marx “Il segreto del successo è la sincerità, se sei capace di simularla ce l’hai fatta.” Essendo Carofiglio un ex magistrato non poteva mancare qualche spunto sulla materia a lui più congeniale, come il poliziotto buono e quello cattivo (il trucco funziona se non lo si è già visto in televisione) o sulla effettiva colpevolezza di chi confessa un reato (mai esserne sicuri al cento per cento). Tra gli altri il racconto come in un sogno quello relativo a Casimer, sfruttatore di prostitute, che si ritrova in un treno piuttosto brividoso dove c’è uno strano controllore dai capelli lunghi…(almeno nei sogni che gli stronzi la paghino di brutto).

Abbiamo un momento di intimità quando l’autore si ripiega su se stesso parlando della memoria olfattiva, la più potente di tutte e con essa arriva improvviso il ricordo della mamma, un momento di “un tempo brevissimo e infinito”. Seguono altri sprazzi di vita vissuta e di considerazioni generali.

Scrittura gradevole, a volte seria e impegnata, a volte leggera e frivola, a volte tenera, a volte ironica spruzzata di sorriso, che, accanto a qualche momento scontato, fa un pizzico riflettere. Così, senza esagerare.