può bastare che l’unica via di accesso sia bloccata, o sorvegliata, che ad esempio tutto intorno alla scena del delitto vi sia una superficie dove le impronte risalterebbero chiaramente, sabbia, fango o neve fresca, aiuole non calpestate, impronte che si allontanano invece di avvicinarsi e altre varianti sul genere. Questo contribuisce a crerare una certà vivacità consentendo di ambientare la scena anche in un ambiente aperto non circoscritto, quindi scenari meno limitati, meno claustrofobici e meno riptetitivi. In alcuni casi il luogo risulta inaccessibile solo in virtù di testimonianze al di sopra di ogni sospetto che asseriscono di non aver visto nessuno avvicinarsi nemmeno minimamente alla scena del delitto nel momento cruciale. Casi brllanti furono le varie versioni di un omicidio commesso davanti a centinaia di testimoni, in un luogo pubblico, tramite inserimento di un veleno nel bicchiere direttamente nelle mani della vittima, in maniera acrobatica degna del miglior prestigiatore. O anche quello dell’assassino che uscendo dalla stanza fa finta invece di entrare o di bussare e in questa maniera si pone al di sopra di ogni sospetto, ponendosi fuori dalla scena del delitto piuttosto che dentro. E infine il caso magistrale in cui i testimoni dissero di non aver visto nessuno, mentre invece qualcuno invisibile come il postino o il lattaio era stato visto e subito dimenticato, perché figura nota e abituale.

Varianti sul momento in cui il delitto è stato commesso: facendo credere che il delitto è stato commesso in un lasso di tempo diverso da quello reale, è possibile che il colpo mortale sia stato inferto prima o addirittura dopo che la fatidica camera chiusa fosse messa in condizione di impenetrabilità. Per cui al momento del delitto la camera chiusa era in realtà aperta, e veniva invece chiusa in momenti temporali sfalzati rispetto alla materiale esecuzione dello stesso. Anche qui il meccanismo psicologico ha la sua valenza, e il gioco riesce bene solo se ben strutturato. La variante più proposta è quella in cui il delitto avviene in realtà dopo l’apertura della Camera Chiusa, magari davanti a testimoni. Spesso in questo caso il colpevole è la persona che interviene per prima, che soccorre la vittima e che spesso allontana i testimoni per cercare un medico o un telefono. Ci sono poi i casi in cui la vittima è stata soppressa prima della chiusura della stanza, facendo pervenire segni di vita dalla camera chiusa tramite complicati meccanismi analoghi a quelli sopra descritti, registratori dalla complicata attivazione, rumori provocati artificialmente dall’esterno, musica o conversazioni riprodotte con artifici machiavellici, per far apparire la vittima ancora viva al momento cruciale Un caso molto curioso, che voi non ci crederete è stato utilizzato per davvero, è quello in cui la vittima, accoltellata, torni a casa, si chiuda ermeticamente dentro la stanza e poi rimanga a morire con tutto comodo ignara della confusione che genererà poi il ritrovamento del suo cadavere, che se lo avesse saputo, avrebbe tenuto la porta aperta, risparmiando agli investigatori un brutto quarto d’ora. Una versione moderna di questa tipologia si trova in uno degli episodi del Tenente Colombo dove un uomo muore diverse ore dopo essere stato avvelenato, trovandosi a perire in un ambiente se non proprio stagno quanto meno insospettabile, o sterile e rendendo assai difficile la ricostruzione del delitto.

Varianti sull'arma: ci sono poi le molteplici varianti di armi improprie che possono essere usate attraverso una porta, o un muro, come veleni, gas tossici, micro frecce scagliate attraverso la serrratura, congegni a tempo localizzati nella stanza, opportunamente occultati e tempestivamente rimossi, animaletti velenosi e via seguitando. Ovvio che le tracce lasciate dall’arma del delitto devono essere invisibili, o interpretabili, o facilmente scambiabili con qualcosa d’altro, punture di insetti, infarto, attacchi d’asma. Tipologia interessante ma poco consigliabile come mezzo di esecuzione perché non garantita al cento per cento è quella della vittima che si affaccia alla finestra e viene colpita dall’esterno per poi ricadere all’interno, mentre l’assassino da fuori chiude le imposte con uno dei tanti sistemi acrobatici sopra descritti. Dato il diffondersi incontrollato di questa “moda” tutte le possibili varianti furono doverosamente esplorate e dilatate oltre i limiti del possibile e dell’impossibile fino a che verso la fine degli anni 30 l’interesse per l’enigma deduttivo cominciò a sfumare vinto dalla comparsa dei nuovi detective armati di revolver, dall’occhio malinconico e il pugno vendicatore.

Questa rampante genia di investigatori portò all’affermazione del nuovo genere Hard Boiled relegando al declino le vecchie aristocratiche soluzioni dei delitti nelle camere chiuse. Nulla toglie che ai vecchi e irriducibili appassionati faccia sempre piacere calarsi in una storia che inizia con: "Arrivati ad una vasta stanza [...] la cui porta, chiusa dall'interno, dovette essere forzata, agli occhi dei presenti si offrì uno spettacolo tale da agghiacciarli d'orrore".

Ed ecco di seguito un minimo di bibliografia storica sui principali gialli ad Enigma che usufruirono di questo espediente così affascinante e catalizzatore. • E. A. Poe, "Gli assassinii della Rue Morgue": già citato come il primo esempio di Camera Chiusa, ed in realtà il primo esempio di racconto giallo in assoluto, è assolutamente d'obbligo. La soluzione è anche abbastanza istruttiva. • Arthur Conan Doyle, "La banda maculata" (da "Le avventure di Sherlock Holmes"): possiamo fare a meno di un racconto di Sherlock Holmes? Questo può legittimamente essere annoverato tra le Camere Chiuse D.O.C.. • Gaston Leroux, "Il mistero della camera gialla": un celebre esempio (1908) della prima ondata di Camere Chiuse, con tanto di piantina e tutto. • S. S. Van Dine, "La tragedia in casa Coe": un classico esempio del genere, con una soluzione non del tutto ortodossa. Vale la pena leggerlo, almeno per curiosità. • S. S. Van Dine, "La canarina assassinata": la migliore "Camera Chiusa" di Van Dine, con una soluzione molto brillante e molto imitata. • Ellery Queen, "Delitto alla Rovescia": uno sconosciuto viene trovato morto in una stanza la cui unica porta aperta è sempre stata sorvegliata. Per rendere la faccenda più complicata, tutto nella stanza viene trovato rivoltato o capovolto, dai quadri alle pareti ai vestiti del malcapitato. Un esempio di soluzione arzigogolata fino all'inverosimile, una vera curiosità. • Ellery Queen, "La porta chiusa": una variante piuttosto particolare del genere. La soluzione giunge inattesa, ed è molto inconsueta. • J. Dickson Carr, "Le tre bare": un classico del genere, affidato alle capaci mani del dottor Fell. Carr è certamente uno dei più affezionati frequentatori delle Camere Chiuse. • Clayton Rawson, "Da un altro mondo": un brillante racconto di un autore poco conosciuto. • Agatha Christie, "Sipario": l'ultima avventura di Poirot merita una citazione più per il suo valore storico che per la significatività del Delitto della Camera Chiusa che contiene. D'altronde la Christie si adattava malvolentieri agli schemi prefissati, e amava far prevalere l'elemento narrativo e la manipolazione psicologica del lettore sul gioco rigoroso dell'enigma giallistico.