E ‘ uscito da poco nelle librerie (almeno nel momento in cui scrivo) Giallo su giallo del giornalista Gianni Mura, Feltrinelli 2007.

“Un Tour de France bagnato di sangue. Accanto alle vittime, come firma dell’assassino, un biglietto giallo. Si tratta di un serial killer? Che cosa ha in mente? Gianni, cronista sportivo, da molti anni segue il Tour de France. Questa volta, però, per lui il Tour parte male, sin dalla vigilia: davanti alla porta della sua camera d’albergo viene trovato il cadavere di una giovane prostituta che aveva tentato di adescarlo. E’ inevitabilmente il primo nella lista dei sospetti, lo portano in galera e lo interrogano senza tante cerimonie…”. Raccontato in prima persona dal giornalista. Si parte da Nantes il 1 luglio e si finisce a Parigi il 24 luglio.

Questo basta e avanza per la trama del giallo vero e proprio. Ma sì, perché il protagonista principale è proprio Gianni con i suoi pezzi di bravura giornalistica (anche troppo lunghi) infiorettati di aneddoti e ricordi personali. Ma, soprattutto, di mangiate e bevute. E belle tirate di fumo dalle Gauloise blu dopo avere finito le Ms. Dunque le mangiate: panini con rilettes (morbido paté di maiale. Preferisce quelle di Tours e di Le Mans perché più magre), Côtes du Rhône di Jaboulet,  e poi sfilza di formaggi Brie, Camembert, Bleu de Bresse, Roquefort, la Forme d’Ambert, Bleu d’Auvergne, e poi ravanelli, olive nere, burro salato sul pane. Splendida dissertazione sul cassoulet (il piatto ricco dei poveri) costituito di fagioli bianchi e pezzi di carne. “Solo maiale a Castelnaudary, aggiunta di agnello e pernice rossa a Carcassone, un po’ meno d’agnello e anitra al posto della beccaccia a Tolosa”. Peana a William Ledeuil che sui piatti tradizionali (foie gras, lumache, animelle, guancia di vitello) “innesta una vena orientale” con tamarindo, valanga, curcuma, zenzero fresco e basilico thai. Poi le bevute: caffè, birra, Vittel, Muscadet, Vieux Calvados di Heurteven, Saint Nicolas, Merlot Costières de Nîmes, Riesling, Quetsch, Roquwfort…

Altre caratteristiche: iperteso (scatola del diuretico Spirofur), allergico agli antidolorifici, parole crociate, racconti di Maupassant, citato Camus e Stendhal, canzoni dei marinai bretoni. Suo compagno di lavoro (soprattutto gastronomico) Carletto Morelli. Con lui la stupidità come anestetico.

Anche nei momenti più dolorosi uno sguardo fugace alla buona tavola, al rognoncino intatto di Dédé e alla salsa di senape che ha formato una specie di velo solido. Se entra in un albergo nota subito “Salsicce affumicate, crauti, stufato di coda di bue”. E ironia “Non ho dormito per il dolore, l’angoscia e anche

la fame. Va a finire che torno dimagrito dal Tour, sconcerto generale”.

 Arrivati al capitolo sette arriva anche il commissario René Magrite, evidente anagramma di Maigret e anche assai vicino al surrealista Magritte. Mangia e beve tranquillo. E fuma. Parecchio. Per lui Simenon è “Un grandissimo puttaniere che scriveva divinamente”. Si veste anche sportivo con maglia da rugby. Atletico “E in tre secondi, da fermo, tira un fortissimo calcio al ginocchio del primo e un colpo a braccio teso al plesso solare dell’altro”. Un “Commissario suonato con la mania delle poesie” secondo il nostro Gianni. Sesso quasi forzato. All’inizio “Ehi, Barba, ti andrebbe una bella scopata?” ed un sogno erotico alla fine del capitolo ventunesimo. Tutto qui. Tanto per far piacere all’editore, suppongo.

Ma il personaggio principale resta Gianni, il giornalista Gianni con i suoi splendidi articoli e l’uomo Gianni con i suoi amici, i suoi ricordi, con le sue galouse blu, i suoi vini, i suoi bocconcini prelibati e il suo amore disperato per il ciclismo. Il resto, il giallo voglio dire con l’immancabile “Elementare, Watson”, è contorno. Solo contorno. Ma è meglio non dirglielo che si mangia anche quello.

 

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