Avevo già accennato in un articolo precedente a questo Nido vuoto di A.G.Bartlett, Sellerio 2007, che mi era servito come esempio di ibridazione del giallo attuale un po’ romanzo poliziesco e un po’ trattato sociologico, psicologico e filosofico. Oggi ce ne occuperemo più da vicino. Intanto vediamone il succo “Difficile immaginare Petra Delicado in un centro commerciale, “il solo luogo al mondo in cui tutto coesiste in insensata contiguità”. Lei, che sembra trovare ordine e serenità, che sembra ricavare energia dai brulicanti paesaggi delle vecchie strade, che sembra orientare il suo intuito solo nella commedia umana dei quartieri cittadini. Come un Maigret cresciuto nell’orgoglio femminista, che ha bisogno di fiutare le case, le botteghe, le atmosfere. E infatti in un centro commerciale, mentre insolitamente fa provviste e depreca i tempi, le capita l’inaudito:”

La mia Glock era sparita. Farsi rubare la pistola da una bambina, il colmo del ridicolo per un poliziotto”. Così, questo nuovo caso per lei e per il fido vice Garzon, inizia nella maniera più banale, sulle tracce di una minuscola ladra di pistole di non più di otto anni. Che rapidamente però la conduce in uno dei soliti inferni, covanti sottotraccia, in cui, procedendo tra qualche cadavere e passi falsi, si immerge la sua inchiesta di strada”.

E che la porterà a scoprire casi di brutale sfruttamento infantile. Non è la prima volta che la scrittrice spagnola inserisce la vicenda gialla in una cornice di umanità più o meno degradata. Mi vengono a mente le lotte clandestine dei cani, il mondo sotterraneo delle sette, il fango della cosiddetta stampa rosa, quello dei senzatetto e dei quartieri alti. Il cinismo, la povertà,

la disperazione. Tutto scritto, come al solito, in prima persona essendo la voce narrante quella dell’ispettore Petra. E tutto ruotante intorno a questo colosso di personaggio. Che scatta, dubita, si irrigidisce, tentenna, piange, cade, si rialza, si dispera, si incavola di brutto. Sempre alle prese con il viceispettore Fermin Garzon, il Sancho Pancia (ormai detto e ridetto) della situazione. Con il quale si azzuffa e si scontra per ricomporsi e prepararsi ad un nuovo, inevitabile scontro. Sul matrimonio, sull’individuo, sul lavoro del poliziotto, sull’uomo in generale. Una rissa “filosofica” continua. Qualche volta anche stancante e tirata per i capelli. Solo che qui lo scontro più lungo e feroce è con se stessa. Con la sua solitudine, con la sua depressione, con la sua amarezza, con tutto ciò che le rode dentro. Una forma di ossessiva di analisi e autoanalisi che non finisce più, che non si ferma. E straripa da tutte le parti. Fino al momento cruciale in cui tutto si ricompone con quello stramaledetto matrimonio più volte deprecato e messo alla berlina. Sì, perché Petra Delicado e Fermin Garzon si sposano. No, non fra di loro! (sarebbe stato un bel colpo a sorpresa). Per la nostra bella ispettrice è addirittura la terza volta. In bocca al lupo!

Ma quanta fatica…

 Sito dell’autore www.libridiscacchi.135.it