Il giallo non è un’opinione. Come la matematica. Ce lo spiega Carlo Toffalori in Il matematico in giallo, Guanda 2008. Con l’appetitoso sottotitolo “Una lettura scientifica del romanzo poliziesco”. Che la matematica, ovvero il ragionamento logico e scientifico, stia alla base di questo genere letterario lo sappiamo fin dalla sua nascita, quando il “padre” Edgar Allan Poe tirò fuori dal cilindro delle invenzioni quell’Auguste Dupin che del ragionamento matematico, appunto, fece l’arma principale dei suoi successi investigativi. Dopo di lui una serie impressionante di detective che hanno seguito le sue orme. Chi più, chi meno, come succede in tutte le cose. Basti citare Sherlock Holmes e pure il suo mortale nemico il professor Moriarty “dotato di una mente matematica fenomenale”. O Philo Vance

“l’intellettuale snob, elegante e raffinato, che nella New York degli anni Trenta assiste con la sua cultura onnisciente il procuratore distrettuale John Markham e la polizia della città”, o il suo similare Lord Peter Wimsey e poi Roger Sheringham, Nero Wolfe (basti il titolo di un romanzo di Rex Stout “Due più due” dove la vittima è un matematico e la soluzione si ricava dalla storia della matematica), John Thorndyke, Reginald Fortune, Jacques Futrelle, Lancelot Priestley ecc…fino ad arrivare all’”investigatore matematico per eccellenza” Ellery Queen. Per lui conta solo la logica. Al diavolo gli aspetti umani. Un delitto lo si può risolvere come un problema matematico. Punto e basta. Interessante il discorso sui delitti impossibili, quelli della camera chiusa (o gialla seguendo il titolo di un famoso romanzo di Gaston Leroux) che vedono in John Dickson Carr il massimo esponente del genere. Fra matematica e logica non potevano mancare diversi riferimenti al gioco degli scacchi, che si introducono con grande sicurezza in questo contesto così perfetto e razionale (per saperne di più “Gli scacchi nella letteratura poliziesca” del sottoscritto in “Sherlock Magazine” n°8). Altri spunti interessanti riguardano le opere di due colossi come Borges e Asimov. Un paio di capitoli per soli intenditori che ho tranquillamente saltato. Una prosa chiara, lucida, a volte ironica, mai pesante. Chi l’ha detto che uno scrittore matematico, anzi un logico-matematico come il professo Carlo Toffalori, deve essere per forza noioso?

 

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