“Phlip Banter” disse tra sé “sei davvero in una brutta situazione”. Un incipit secco e deciso. Copertina discreta, prezzo eccellente. L’ideale in tempi di crisi come questo. Per essere più precisi Requiem per Philip Banter di John Franklin Bardin, Mondadori 2009.

Il quale Philip Banter lavora (si fa per dire perché non ne azzecca una) in una agenzia pubblicitaria del suocero. E dunque ha sposato sua figlia Dorothy che non è per niente male. “Una brutta mattina, tra i fumi dell’ultima sbronza, Philip si ritrova sulla scrivania alcuni fogli, una vera e propria “confessione”: ma una confessione che tratta di eventi non ancora accaduti e che lui non ha memoria di avere scritto. E quando tutto comincia ad avverarsi, Philip arriva alla soglia della follia”.

A dir la verità non proprio tutto si avvera. Qualcosa di diverso accade. Tanto per essere precisi. Aggiungo che il Nostro è un donnaiolo impenitente (ma ama la moglie, come nelle buone storie reali…) ed un impenitente alcolizzato, che gli succedono strani incidenti, che gli pare di sentire delle “voci”…e insomma non è proprio al top della salute mentale. Tanto che ha bisogno di essere seguito dall’amico psichiatra.

Suocero duro con lui (non lo ha mai visto di buon occhio), amico di infanzia geloso a cui ha “rubato” la ragazza divenuta sua moglie, segretaria che complotta, attrazione letale (nel senso che ci va a letto)  verso una scrittrice ecc…

Mistero, angoscia, ossessione, allucinazioni con quel tanto di esagerazione stilistica che mantiene sulle spine. E la fatidica domanda “Chi ha scritto

la “Confessione”?” Sua moglie, il suocero, il vecchio amico, la scrittrice…? O, addirittura lui stesso?

Io l’ho letto in parte su una panchina mentre lì vicino una brancata di ragazzini assatanati giocavano a pallone. Non me ne sono quasi accorto.

 

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