Mi sto affezionando ai gialli Mondadori. Sono buoni e costano poco. L’ho già scritto e lo ripeto. E allora oggi beccatevi Delitto in manicomio di Jonathan Latimer, Mondadori 2009.

Si inizia bene con il poliziotto privato William Crane libero da vincoli matrimoniali che se ne va in manicomio (su una autoambulanza) per proteggere la signorina attempatella Van Kamp a cui hanno rubato una cassaforte blindata con quattrocentomila dollari in titoli e la chiave di una cassetta di sicurezza (ergo è ricca). Qui troviamo il dottor Livermore con una barbetta alla Italo Balbo, il dottor Eastman,

la signorina Clayton e…strani mugolii che provengono da fuori. Appartenenti ad un uomo che corre carponi e si magia una falena con un ben assestato colpo di denti. Come inzio, ripeto, non c’è male. Si continua con

la signorina Evans, un gran pezzo di gnocca che mette scompiglio fra i dottori (ma non solo) e una serie di deduzioni alla Sherlock Holmes tirate fuori dal cappello a cilindro di Crane. Arrivano poi in fila tutti gli altri personaggi della storia.

Che è la storia di  morti strozzati o infilzati per la gola con un discreto coltello a lama lunga. La storia di questa benedetta cassetta che passa da una mano all’altra per poi scomparire. La storia del nostro Crane che corre di qua e di là per tutta la clinica (è pure sospettato degli omicidi) in una atmosfera da paura resa più lieve da un substrato ironico e dissacrante.

E anche la storia della barbetta del dottor Livermore che sembra vivere per conto suo come quella di Rubin del club dei famosi Vedovi Neri di Asimov, a rimarcare il senso divertito di tutto il contesto, confortato pure dalla scena della signora Brady che, tutta nuda e impaurita, sembra volersi gettare dalla finestra.

Finale da giallo classico con doppio colpo di scena ad accontentare gli amanti di questo genere.

Leggetelo e moltiplicatevi.

 

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