Ci si misero in sei. La porta cadde rovinosamente. Annabel sedeva sulla sedia dondolo, che cigolava ancora. Indossava un vestito candido, e dava le spalle. Quando la voltarono, arretrarono inorriditi: il vestito bianco davanti era diventato purpureo, imbevuto del sangue uscito dai polsi recisi. Per terra una lametta sporca di sangue. Sullo scrittoio, una lettera.

- E’una confessione, pare.

Era un foglio giallino con poche parole: sono stata io.

Merlini ebbe un’intuizione. Si recò al frigorifero e lo aprì: tutto come la precedente volta. Ma ora cercò in tutti i modi di aprire la ghiacciaia, anche servendosi di un temperino, alla fine riuscendovi:era piena di ghiaccio.

 

Merlini sedeva nella biblioteca di casa Fedberg in compagnia del Procuratore e dell’Ispettore: era passato quasi un anno da quegli avvenimenti...

- E’finita, gliel’assicuro. E’andata così.

- Ne è sicuro?

- Abbiamo avuto la confessione, un suicidio, che vuole di più.

-  L’eredità a chi è andata?

- Ah, non so. Son morti tutti, tranne Dick ma che non ha potuto ereditare perché ha già ereditato. Credo che abbia ereditato, così ho letto sui giornali, la seconda nuora, Anne Frostin.

- Davvero? Dove sta il notaio di famiglia?

- Al centro.

- Andiamo, ispettore. Sono sicuro che ne sentiremo delle belle.

Fu interpellato il notaio, vecchio fiduciario della famiglia: aveva uno studio in un palazzo ottocentesco, in pieno centro.

- E allora?

- Il vecchio testamento lasciava ai 3 fratelli e alla sorella le sostanze da dividere in parti uguali. Dopo lo sposalizio di due figli, il vecchio, che non sopportava le due nuore, aveva disposto, anche temendo che qualcosa potesse accadere ai figli, che se fossero morti assassinati, alle nuore non sarebbe toccato neanche un penny.

- Di bene in meglio!, esclamò l’ispettore.

- Ma Lei ha parlato del vecchio testamento. Vuol dire che ce n’è un altro.

- E’spuntato fuori sei mesi fa, sei mesi dopo quelle morti: una scrittura olografa firmata assieme da Donald e Dick, che lasciavano le loro sostanze alle mogli, nel caso a loro fosse successo qualcosa.

- Questa scrittura era a conoscenza di qualche altra persona?

- Che io sappia no.

- E così alla fine ha ereditato Anne: poveraccia !

- Perché?

- Come? Non lo sa signor Merlini? E dove è stato tutto questo tempo?, domandò il notaio.

- In giro per il mondo

- Ma non leggete i giornali?

- No, quasi mai.

- Si è risposata con il cognato Dick.

- E perché... poveraccia?

- Perché durante la crociera della luna di miele, si è sporta troppo dalla balaustra  del secondo ponte, quello più altro, ed è piombata giù in mare affogando: non sapeva nuotare.

- E il marito?

- Qualcuno disse che era parso che qualcuno stesse vicino alla moglie un attimo prima che volasse, ma non si trovò nessuno che testimoniasse in tal senso. Anzi ci fu provvidenzialmente chi scagionò il marito: una donna, anche carina, disse che era affacciato al parapetto a vedere il mare, mentre stava fumando una sigaretta: vide volare la moglie, dopo un volo di dieci metri.

-  Come fa a dire che fosse carina?

- Apparve la notizia su tutti i maggiori giornali: solo lei pare non l’abbia letta. Aspetti... ecco qui il giornale, e lo estrasse da sotto una pila.

Merlini guardò la foto, e la sua espressione parve indurirsi e farsi decisa al tempo stesso.

- Ispettore, è possibile fare una visita al castello?

- Non so. Dovrei chiedere le chiavi: dopo l’ultima morte, quel castello è ancora in vendita, ma pare che nessuno lo voglia acquistare: ha acquistato una fama maledetta.

- E allora chieda: vorrei ripercorrere quel luoghi a mete lucida. Forse riuscirò a trovare qualcosa di nuovo.

 

Qualche giorno dopo i tre percorrevano il viale alberato che conduceva al castello, dopo aver aperto il cigolante cancello. Qui e là si notavano erbacce varie che infestavano le bellezze: tra le pietre del viale, ma anche in quelle che erano state fiorite aiuole. Il castello si ergeva solitario, senza vita: pareva che solo i fantasmi dei morti assassinati lo abitassero. C’era persino chi asseriva, nelle vicinanze, che di notte si vedessero delle luci accendersi d’un tratto nelle stanze, in quel castello in cui la fornitura di energia elettrica era stata da tempo eliminata

Salirono le scale, aprirono il portone dopo il fossato, entrarono nell’atrio: il sole entrava e rischiarava i mobili coperti da pesanti lenzuoli. Solo i loro passi echeggiavano.

- Confesso che un po’di gelo comincia a entrarmi nelle ossa?

- Paura... Ispettore?

- Che? E’solo che non mi sento molto bene.

- Se vuole rimanere dietro faccia pure: andremo avanti solo io e il procuratore.

- Merlini, dicevo per scherzo. Dove dobbiamo andare?

- Dove fu trovata suicida Annabel.