Non risposi ma aveva capito le mie, neanche tanto nascoste all’interessata, intenzioni. Tuttavia le cose andarono diversamente.

Perché cominciò a raccontare la sua vita: tra un crostino di fegatini, un assaggino di pecorino col miele di castagno e qualche fetta di prosciutto toscano di cinghiale, cominciai a capire le ragioni di quel cambiamento: Giovanna aveva conosciuto una serie di persone molto ferrate (alcune delle quali conoscevo anch’io, e glielo dissi) e molto colte, e molto altro pensai, e si era data da fare ad allargare i propri orizzonti culturali. Intanto la ragazza delle ordinazioni (neanche tanto male) mi mangiava con lo sguardo: ero un bel ragazzo come si suol dire. Soprattutto ai capelli ci tenevo, e la camicia a maniche lunghe lasciava intravedere,sul torace, dei peli bianchi che chissà perché attiravano sempre lo sguardo delle ragazze. Solo Giovanna pareva che non ci fosse cascata.

Un doppio bicchiere di Sassicaia, fece il resto: cominciammo a parlare del più e del meno e vidi che Giovanna era sempre più interessata. Parlammo per quasi due ore, e nel frattempo facemmo fuori lampredotto, lingua salmistrata al pepe verde, coniglio briaco alla vernaccia, cantuccini al vin santo e un soufflè al cioccolato accompagnato da Porto stravecchio: quanto tempo ci avrei messo per bruciare tutte quelle calorie…

E così venni a sapere.

Giovanna Toy era diventata una scrittrice.

-Di romanzi erotici?

Rise divertita.

-Perché?

-Vanno molto sul mercato. E ci si fa un sacco di soldi.

-Guarda un po’: hai letto Il Soccombente?

-Quello di Thomas Bernhard? Ma non è un romanzo erotico!

-Non mi riferivo a quel Soccombente, ma...ad un altro. Anche se si potrebbe meglio tradurre “Il Sottomesso”. Allora capii. E lo disse in un certo modo, e mi guardò in un certo modo, tanto da farmi arrossire. Proseguì.

-Lo so che vendono molto. Ma io non scrivo i romanzi erotici che a te piacciono tanto: io scrivo noir.

-No, sai, ti stai sbagliando,farfugliai. Io non...

-Lo so, lo so, disse lei ridendo di nuovo. –Lo so che cosa tu fai.

-Ah, sì? E che faccio?

-Recensisci gialli, sei un...critico. Peccato che non abbia mai recensito i miei.

-Veramente, prima che tu mi rivelassi la tua professione, non sapevo neanche che fosse così; e devo dire che non ho mai sentito il tuo nome in giro.

-Normale: uso uno pseudonimo. Firmo i miei romanzi con…Luigi Orrico!

Terzo incidente col camion: oramai passandomi sopra per la terza volta, mi spiaccicò ben bene: e così Luigi Orrico era una donna, e per di più la mia Giovanna. Uno dei misteri editoriali più impenetrabili degli ultimi anni, risolto in un secondo.

-Anzi...ti va di stare alla presentazione del mio nuovo romanzo? Si intitola “Morte elementare”. Verrà presentato stasera, al Caffè degli Americani.

-OK, ci vengo.

Uscimmo dal locale che erano le tre passate da un pezzo.

-Ti accompagno?

-No, grazie. Non ti preoccupare.

-Ma non c’è nessuno in giro...

-Grazie, ma sono campionessa di full-contact e tengo per di più nella borsetta uno spray al peperoncino. Ci vediamo a stasera, mi raccomando. E mi stampò un tenero bacio sulle labbra.

Nel tardo pomeriggio, di quel 2 giugno tanto caldo da sembrare agosto, entrai nel caffè: una locandina illustrava la presentazione, che si sarebbe tenuta nell’attigua sala degli affreschi, una sala resto di un palazzo patrizio, poi venduto e restaurato e che ospitava il Caffè al piano terra.

Nella sala, dagli abbellimenti rococo, intravidi una serie di facce conosciute: c’era un famoso traduttore, Gino Baroni, esperto di musica di Villa Lobos, che conversava con un Babbo Natale, tale Mario Fordarelli, direttore di una casa editrice: forse quella della mia bella Giovanna ? Non sapevo. Poi vidi Gianni Bonamici, un giornalista specializzato in gialli e cucina, autore del famoso saggio “Polpette e Prosciutti: delitti in cucina”, sprofondato in una poltrona, intento a trangugiare un tramezzino ai gamberetti mentre leggeva una nota rivista femminile; dall’altra parte della sala, discuteva a voce alta, tanto sa essere udita da chiunque, la mia cara Giovanna rivolgendosi ad un tale lungo lungo e secco secco, che non identificai subito, per via della barba rossiccia che si era fatto crescere: era il mio amico Mario Giorgio detto nel nostro ambiente “Giorgione”, un altro esperto giallista. Appena mi vide, mi salutò

-Ehilà, beato chi ti vede. Sempre a caccia, eh ?

-Chi io? No, per niente, anzi negli ultimi tempi son diventato morigerato.

-Davvero? Allora posso stare tranquilla?, disse la mia bella.

-Vi conoscete? Ah, lo sapevo, vecchio lazzarone! E come potevi tu, combattente di tante battaglie, aver perso l’istinto della caccia?

-Aridagli! Ma quale caccia?

-Mi sa che la prossima volta dovrò mettermi una corazza, annunciò Giovanna.

In quel mentre, passò davanti a noi un mio conoscente, Lino Pantera.