Sherlock Holmes e il marchio del terrore di Kieran Lyne, Mondadori 2016.

Anno 1891. L’Impero inglese si sta disfacendo mentre Sherlock Holmes conosce “l’apogeo della sua carriera”. Una serie incredibile di delitti, tra le cui vittime il futuro ministro degli interni, sono dovuti alla mano del nemico giurato Moriarty, secondo il parere dell’Investigatore che riesce a sfuggire a diversi attentati. Fino all’epico scontro alle ormai famose cascate del Reichenbach dove sembra che i due eterni nemici abbiano perso la vita.

Il Nostro, però, è ben vivo e vegeto come possiamo apprendere dal suo incontro con la “Donna”, la signorina Adler che sta tentando uno dei suoi colpi. Fra i due si forma quasi un’amicizia, parlano di Watson “una persona veramente fuori dal comune” che ama “raffigurarsi in un certo modo per scopi artistici; a quanto pare, è convinto che quell’espediente serva ad accattivare i lettori.”

Ma urge ritornare in Inghilterra dal fratello Mycroft, inserito nei più alti ranghi del governo di sua Maestà, per capire e risolvere il problema di un nuovo ritorno di Jack lo Squartatore. Camuffato da avanzo di galera cerca di infiltrarsi nell’organizzazione di Moran, braccio destro di Moriarty, che sembra abbia preso il suo posto. Con l’aiuto di Watson, a cui si è rivelato, e uno dei suoi tranelli ingegnosi,  riesce a catturarlo.

L’elenco dei cadaveri però aumenta ed entra in scena l’ispettore Abberline “uomo imponente al di sopra del metro e ottanta, con un’espressione intensa e intelligente”, capelli bianchi e baffi folti. Si rivive il periodo atroce di Jack lo Squartatore con l’elenco delle vittime orrendamente mutilate. “Lo Squartatore è risorto! Nuovo omicidio a Whitechapel!” strillano i giornali. E’ arrestato il presunto Assassino, un immigrato polacco “che farà la gioia dei nostri darwinisti sociali”, secondo il parere di Abberline.

Sherlock, intanto, non convinto della soluzione del caso, chiuso in camera, pipa perennemente accesa, passi frenetici, strapazza il violino infierendo sulle corde e dando via libera alle sue deduzioni. Ecco un piano per incastrare il vero portatore di morte! Colpo di scena finale con sfruttamento della tecnica di allora.

Il racconto è svolto in prima persona da diversi punti di vista, tra cui quello della signorina Adler, di Watson (naturalmente) e di Holmes stesso. Si crea un clima di paura e di smarrimento sottolineato spesso dal dottore, così come vengono messe in rilievo le caratteristiche di Sherlock, compresi i suoi famosi travestimenti. Qualche aspetto controverso, come sottolinea Luigi Pachì nel suo intervento “La versione di Kieran Lyne sui primi anni del 1890” alla fine del libro, che non inficia, però, la qualità della storia, inquietante e movimentata.