Sherlock Holmes a Monza. Due pistole per un regicidio è il nuovo romanzo a quattro mani di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori nel quale il detective creato dalla penna di Arthur Conan Doyle giunge fino a Monza.

È uscito qualche giorno fa in eBook e ora è anche disponibile in versione cartacea.

È infatti possibile acquistarlo qui (prezzo ufficiale di copertina 15 euro, 224 pagg, Collana Convoy n.55 I- SBN: 9788825409413):

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Ne approfittiamo per proporre ai nostri lettori un'intervista proprio a questo duo di autori che abbiamo avuto modo di conoscere in passato con un altro apocrifo sherlockiano dal titolo Sherlock Holmes a Roma

Quando è iniziata la vostra passione per le opere di Arthur Conan Doyle e del suo personaggio di Baker Street?

Calcerano: Andavo alle medie e tramite Gardner mi appassionai al giallo, poi lessi alcuni Holmes nella collana del Girasole Mondadori… Fu subito amore, li possiedo ancora.

Marina Ivanovna Cvetaeva, grande poetessa russa che scrisse ben due volumi si ricordi d’infanzia affermava che dopo i primi sette anni tutto è già compiuto…forse per me non vale, preferisco quello che diceva James Matthew Barrie, l’autore di Peter Pan che dopo i quattordici anni ad un uomo non succede più niente di importante. A me d'importante è capitata la passione per il giallo…

Fiori: Come per tutti è nata quando ero ragazzo ed è proseguita da adulto. Quando pensavo di saperne abbastanza (ma con Sherlock non è mai abbastanza) è arrivato l’anno del centenario, il 1987, cento anni dalla pubblicazione di “Uno studio in rosso”.

E con Luigi ho avuto la possibilità di pubblicare un breve saggio sulla rivista Cultura e scuola dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, intitolato appunto “Il centenario di Sherlock Holmes”; iniziammo citando un verso di Borges che corrispondeva al nostro stato d’animo “Pensare di tanto in tanto a Sherlock Holmes / è una delle rimaste buone abitudini”. E così è anche adesso.

Com'è nato il vostro connubio letterario, visto che scrivete spesso in coppia?

Calcerano: Dopo la scuola media mi successero un sacco di fatti inutili e secondari, finché non conobbi al sindacato e al Miur, Giuseppe Fiori.

Tra le cose inutili che facevo, stavo scrivendo un testo sulle caratteristiche e le componenti del giallo, in realtà su come si scriveva un giallo. E Giuseppe mi disse “Ma chi compra un libro su come si scrive un giallo da uno che non ne ha mai scritto uno?" Domanda demoralizzante. Lui aveva scritto e pubblicato libri per ragazzi, mi propose di provare a scriverne uno assieme a lui, di giallo.

“Qualcuno ce lo pubblicherà,” affermò! E fu davvero così, (dopo qualche anno di sforzi.)

Fiori: Confermo, ma dopo la nascita serviva imparare a camminare e a correre, indubbiamente ci ha aiutato il fatto che il giallo, come diceva Dickson Carr, “è il più splendido gioco del mondo!”

Adottate una tecnica particolare per scrivere in coppia? 

Calcerano: Abbiamo scritto in tutti i modi e posti possibili e immaginabili, seduti accanto e approvando parola per parola, un brano scritto da uno e approvato dall'altro, con le email, uno a Roma ed uno a Bari se vi inventate un modo di scrivere insieme, lo abbiamo certamente usato.

Scrivere in coppia non è facile ma per i gialli è fatto comune.

In Italia abbiamo seguito l'esempio di Fruttero e Lucentini, Casacci e Ciambricco, (e Rossi) Felisatti e Pittorru. Poi  Wade Miller era lo pseudonimo di una coppia, ed anche Ellery Queen. Dietro Ellery Queen si nascondevano Manfred B. Lee e Frederick Dannay, due scrittori, ma non uomini in carne e ossa, ancora due pseudonimi, gli pseudonimi di Manford Lepofsky e Daniel Nathan. Il giallo forse facilita… Comunque tutti scrivono inseme ad altri. Un volantino, un rapporto, una relazione, il problema per molti è che credono nell'ispirazione… e sospettano non si possa condividere. Sull'ispirazione, però, la pensiamo come Agnès Varda: ' L'ispirazione non si cattura. Quando la si vuole catturare, è andata via. Non bisogna neanche sperare di fare opere poetiche, non bisogna neanche sperare di fare opere straordinarie. In effetti, bisogna lavorare. Bisogna lavorare su ciò che è in disordine, su impressioni inafferrabili, su cose impalpabili.' E così facciamo, è una questione di sudore…

Fiori: Il nostro è un lungo sodalizio, continuato anche in circostanze diverse e avverse. All’inizio, nella stessa stanza, o in cucina, o in una mansarda e perfino in terrazza, uno dettava e l’altro scriveva ( a mano) con libere variazioni, poi dopo meno di mezz’ora scambiavamo i ruoli. Con le storie a puntate pubblicate su alcune riviste ci alternavamo nella scrittura delle puntate, (al PC ) mantenendo, ovviamente, le redini della trama in tutte e quattro le mani; attualmente la tecnica è una sola: il caos ragionato.

Nel senso che scriviamo autonomamente, ma cerchiamo di fare insieme il montaggio delle singole parti, è in quel momento che interviene il caos che crea possibilità impreviste.

E veniamo al romanzo "Sherlock Holmes a Monza". Dopo l'avventura romana di Holmes ("Sherlock Holmes a Roma"), come mai avete deciso di spostare l'azione di questo vostro nuovo romanzo a Monza?

Calcerano: Galeotto fu il Museo criminologico (Mu. Cri.) di Roma e, in particolare, Luca Morgante.

Allora camminavo bene, lo andammo a visitare.Il Museo conserva il secondo revolver trovato nel luogo del regicidio, a Monza, vederlo e pensare a cosa ne avrebbe detto Holmes fu un tutt'uno.

Fiori: Il regicidio è avvenuto nel luglio del 1900, il cinema non era più un neonato e muoveva i primi significativi passi, dopo la Francia, in Inghilterra, in Italia (a Torino) e in America. Era tempo che Holmes incontrasse il cinema!

Uno straordinario mezzo d'indagine, soprattutto se, come a Monza, ha ripreso la scena del delitto, ma anche un nuovo linguaggio narrativo che affascina Watson.

Sembra incredibile ma il nostro è il primo apocrifo in cui Holmes incontra il cinema, faremo scuola?

C'è un motivo particolare per cui le vostre storie tendono a presentare Sherlock Holmes sul suolo italico, rispetto alla sua tradizionale capitale inglese?

Calcerano: Tutto il giallo italiano è domiciliato, almeno da Scerbanenco in poi, ha una forte localizzazione in Italia.

Quelli del Mystfest, maliziosamente direi, una volta ci hanno chiesto per iscritto se non sia un modo di giocare in casa, di sentirsi più sicuri, su un terreno facile perché conosciuto… ma questo, rispondemmo allora e mi pare ancora, non spiegherebbe l’universalità del fenomeno che tra ieri e oggi tocchiamo con mano. Allora Danila Comastri Montanari rilevò giustamente che si tratterebbe di una sicurezza ingannevole. Meglio forse una città sconosciuta: più la gente crede di conoscere una città più è difficile parlargliene con un minimo di originalità o anche, solamente, senza essere banali e le domiciliazioni dei giallisti italiani non sembrano proprio, salvo qualche eccezione, banali. Secondo me la ragione è un'altra nel giallo italiano la città non serve solo per fondale spazio-temporale , non è solo un topos necessario, accanto ai personaggi della vittima, del colpevole e dell’investigatore da noi, nel giallo italiano, perché la città è uno dei personaggi. Ed è uno dei personaggi che più svelano, smascherano l’autore. Anche con la Monza del 1900 tra scegliere aspetti particolari, fermare l’attenzione su una dimensione piuttosto che su un’altra, su una componente speciale, mentre tante se ne sorvolano, vuol dire disegnare una città costruirla – inventarsela come i colleghi della SF fanno coi pianeti e le diverse società che li colonizzano.

Fiori: 'Anzitutto bisogna osservare che pur essendo Holmes e Watson personaggi molto british

sono anche cosmopoliti, come tanti inglesi, e quindi il teatro delle loro investigazioni può essere ovunque in giro per il mondo. Jamyang Norbu ha trascinato Sherlock in Tibet, il suo viaggio più lungo, noi lo abbiamo portato in Italia, per l’interesse che alcune vicende storiche del nostro Paese hanno suscitato in Europa. Holmes e Watson sono venuti prima a Roma quando, avvolta nel segreto, stava nascendo la Triplice Alleanza e poi, nel 1900, a Monza e a Torino quando è stato assassinato Umberto I, re d’Italia .

Com'è nata l'idea del vostro primo romanzo sherlockiano ambientato a Roma?

Ci piaceva poi far incontrare Holmes con Giovanni Morelli, dopo aver letto in un libro di Eco, il saggio di Ginsburg con le analogie del metodo di Holmes, Freud e del conoscitore d'arte Morelli…

L'Arte quindi doveva essere al centro della trama e ci inventammo uno zio di Watson, Henry Doyle, direttore della National Art Gallery di Dublino che conosceva e stimava Morelli, ingiustamente accusato del rogo, a Palazzo Borghese di un Caravaggio e di un Dürer…

A Dublino, scriveva a Watson, avevano ritrovato un quadro, 'La cattura di Cristo nell'orto' e un parere di Morelli sarebbe stato decisivo per riconoscerlo fatto dalla mano di Michelangelo Merisi…

Inoltre avevamo saputo come si narrasse che all'ambasciata U.S.A di Roma, ai tempi dell'ambasciatrice Luce, si fossero sfarinati alcuni affreschi dove i colori usati contenessero arsenico… anche quello spunto ci pareva molto interessante.

Potete dare alcune anticipazioni ai nostri lettori, relativamente allo svolgimento della trama di questo vostro nuovo romanzo, "Sherlock Holmes a Monza"?

Calcerano: No, altrimenti non se lo comprano e non se lo leggono integralmente. 'Ite ad venditores' dicevano i latini.

Fiori: Forse i latini avevano torto e comunque non riesco a contenermi, ecco un boccone di trama. Sherlock Holmes torna in Italia ed è a Monza il giorno del regicidio di Umberto I, l’anarchico Bresci  ha esploso tre colpi in mezzo alla folla che circonda la carrozza del re. Ma nel teatro del regicidio non c'è solo la pistola dell'anarchico, ce ne è anche un'altra. Le indagini di Holmes e Watson sulla morte del re sono aiutate dalle non occasionali riprese cinematografiche fatte nel momento del crimine. E’ il primo incontro di Sherlock Holmes con il Cinema, un nuovo mezzo d’indagine o solo narrazione per immagini?

Il complotto che si delinea intorno alla seconda pistola è il classico mistero avvolto in un enigma e l’apparente  'suicidio' di Bresci in prigione lo complica ancora di più. Riuscirà il più grande investigatore d’Europa a sfuggire al pericolo mortale che lo attende a bordo del dirigibile Zeppelin o a quello che gli si presenta sulle falesie dell’Isola di Ponza?

Holmes dovrà rivedere le sue convinzioni sulla inutilità della Storia e della Politica ed intessere un difficile rapporto con le autorità, tutt'altro che interessate a conoscere la verità sulla morte del re d’Italia. I costumi italiani non si addicono a Sherlock Holmes?

Quali sono state le vostre fonti principali che vi hanno permesso di ricostruire storicamente la storia del regicidio di cui affrontate l'argomento nel libro?

Calcerano e Fiori: A parte Luca Morgante del Mu.Cri. Marina Rosa ci ha spedito la carta topografica di Monza nel 1900 e ci ha indicato la bella pubblicazione di AA.VV. Monza, 29 luglio 1900, il regicidio, dalla cronaca alla storia. Poi sono da citare Arrigo Petacco in primis, lo stesso Angelo Insogna, Fulvio Izzo, Enrico Tuccinardi e Salvatore Mazzariello.

Una curiosità: tra i personaggi del libro figura anche un tale di nome Luigi Pachi, in Francia chiamato Gigi Pachì con l'accento, un anarchico frequentato dall'ex regina. È da considerarsi un vostro omaggio al direttore delle collane sherlockiane e consulente del Giallo Mondadori Sherlock, o questa scelta è nata per altri motivi?

Calcerano e Fiori: Colti sul fatto, la prima che avete detto, la scelta non è nata da altri motivi. Un omaggio, anzi un hommage. Ci sentivamo troppo soli ad essere entrati come personaggi nella narrativa poliziesca. Nel libro di Alberto Piazzi, ‘Dossier E’, l'autore ha messo come investigatori, Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, chiamando il secondo Fiorì alla francese. L'idea del nostro omaggio è nata così. Per aver compagnia.

Poi è anche un riconoscimento a Luigi Pachì, il massimo cultore del canone holmesiano in Italia e un ringraziamento per la sua attenzione nei nostri confronti… anche se il nostro personaggio non somiglia certo all’originale. Del resto neanche noi somigliamo troppo ai personaggi di Piazzi.

Tra i personaggi canonici, qual è il vostro preferito?

Calcerano e Fiori: A parte i due protagonisti, Mycroft Holmes e, tra i minori, Irene Adler. Ma Sherlock è la quercia che domina tutto il paesaggio circostante.

Avete già in mente qualche nuova trama da sviluppare in ottica di apocrifo sherlockiano?

Calcerano: Ho pensato a una rimonta, Irene Adler è ancora viva. Penso che l'unico amore di Sherlock potrebbe esser stato fecondo… Mi piacerebbe metter in guai seri il figlio di Holmes. Il nostro personaggio, per lui, potrebbe tralasciare le sue api… 

Fiori: Una trama ancora no, ma sono attirato da uno strano accostamento: Holmes e Don Chisciotte. Ecco Sherlock perdere la ragione e muoversi per Londra come nella Mancia. Individua e affronta pericoli immaginari mentre Watson – Sancio è costretto a seguirlo fingendo di assecondarlo nel tentativo, da medico e da amico, di riportarlo all’equilibrio mentale.

Fino a quando un pericolo immaginario drammaticamente si concretizza e Sherlock cercherà di risolvere l’enigma con le armi del Cavaliere dalla triste figura.

Pensate che cinema e tv possano aiutare a far conoscere Sherlock Holmes alle nuove generazioni, o ne snaturano troppo il personaggio.

Calcerano: Sì, possono aiutare, ma c'è modo e modo. Cumberbatch e Freeman hanno fatto un Holmes e uno Watson moderni, memorabili e irresistibili. Serie infedele ma di altissimo livello, anche solo per gli attori. Gli altri meglio non citarli nemmeno. Watson femmina è comunque un obbrobrio. Voglio osservare che non c'è Holmes senza il suo metodo scientifico logico.

Fiori: Il personaggio è già stato reinventato centinaia di volte, e spesso malamente. Ma il punto è che Sherlock Holmes vuole continuare a vivere nelle varie epoche e nei vari contesti, è una curiosa esigenza che unisce scrittori e lettori, spettatori e registi. E’ come se tutti gridassero “Non chiudete Sherlock in un museo!”

Credevamo che nell’era digitale Holmes fosse stato a disagio, e invece ecco affacciarsi Benedict Cumberbatch e Martin Freeman-Watson e la giostra ha ripreso a girare.

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