Alabama di Alessandro Barbero, Sellerio 2021.

Ah, la Storia con la esse maiuscola inculcatami all’Università dal mitico Giorgio Spini! Appena letto il nome dell’autore, conosciutissimo studioso di vicende storiche e il titolo del libro, non ho fatto altro che allungare la mano.

Ricordi. Ricordi di guerra. Ricordi della secessione americana negli anni Sessanta dell’Ottocento. Di un vecchio contadino sudista sconfitto. Di Dick Stanton snocciolati alla studentessa di un college che vuole approfondire l’argomento. Ricordi infilati uno dietro l’altro in forma indiretta a ruota libera, legati dal filo di una memoria talora confusa e disorientata ma allo stesso tempo ricca di terribile verità. Tra il cigolio della sedia a dondolo, una masticata di tabacco e qualche risata. Nomi, fatti, episodi, personaggi di un mondo povero e razzista che tengono all’erta, proprio perché spesso incompiuti, presi e ripresi, sparpagliati in disordine lungo la prateria del tempo. Nomi di semplici amici di chi racconta gli eventi, di semplici soldati colti in certe fasi del conflitto, insieme ai nomi altisonanti rimasti incollati nella memoria storica. La guerra, ah, la guerra! Sudore, marce, scontri e morte. Insieme ad una infinita varietà di episodi che mettono a nudo il razzismo, la fame e la povertà del tempo, infiorettati, talvolta, da qualche spunto comico del narratore che induce al sorriso. Il vecchio parla a ruota libera sbrodolando di tutto e di più, si addormenta, si sveglia, arriva la negra che gli porta da mangiare, tossisce, sputacchia per terra, ricomincia daccapo. La ragazza vorrebbe arrivare ad un punto particolare della storia, ad un episodio di crudele razzismo e violenza perpetrato contro dei negri che chiedevano pietà. Non sa cosa fare, come spingerlo fino a quel punto. E il racconto continua con un’altra, interminabile trenata di personaggi ed episodi sminuzzati nei più piccoli particolari. E poi attacchi, fughe, spari, pallottole che fischiano, sangue, feriti e morti. Morti dappertutto. E ci sono perfino i negri che osano ribellarsi e sparare contro di loro. Mentre la ragazza, tra una tirata di Lucky Strike e l’altra, rimugina, riflette, cerca di capire. Alla fine, però, al vecchio non rimane più niente, c’è soltanto “il vuoto, come quando l’inondazione si ritira, e rimane solo il fango secco”. Il racconto è terminato e un po’ di senso di vuoto e smarrimento, di fronte a tanta tragedia, di fronte a tanta umanità travolta, può colpire anche il lettore.