Questo manoscritto è stato rinvenuto nei sotterranei della banca Cox & Co. di Charing Cross, Londra, in un deposito intestato al dottor John H. Watson.

Millers Court! Per trentacinque anni ho portato il peso di quella terribile notte, e quando ormai m’illudevo fosse soltanto l’amaro residuo di una vita affrontata a viso aperto – forse il più crudele, di certo non l’unico – alla pena dei ricordi si è aggiunto, improvviso, l’orrore per quanto deve ancora accadere. Ora, al vecchio stanco e disperato che sono non resta che pregare Iddio di chiamarlo a sé, prima che sull’umanità cali l’ultima tenebra.

Correva l’anno 1888 e gli atroci delitti commessi a Whitechapel dall’assassino poi noto con l’infame appellativo di Jack lo squartatore inorridivano Londra.

Per tutt’altre ragioni, anche sul 221b di Baker Street gravava un’atmosfera cupa. Dopo il felice esito dell’indagine che ho narrato nel “Segno dei quattro”, Holmes era ricaduto nell’ipocondria che gli procurava l’inattività e, al solito, aveva preso a cercare conforto nella cocaina, incurante degli ammonimenti che da medico e amico gli rivolgevo. Proprio in quei giorni mi accingevo al matrimonio, e non so dire quanto mi fosse penoso rientrare dagli incontri con la mia adorata Mary per trovare l’uomo che più stimavo al mondo inerte sul divano, con un’espressione di vacuo piacere sul volto. La situazione divenne tale che persino la signora Hudson, nostra ottima padrona di casa e donna d’esemplare discrezione, sentì l’obbligo di invitarmi a consultare “un collega segaossa esperto di cervelli”, per citare le sue parole.

– Vuol dire un alienista? – replicai ostentando sicurezza. – Via, Holmes non è a questo punto. Tornerà anche troppo presto ad assillarci con i suoi mugugni. – Ma ormai neanch’io sapevo più cosa pensare del suo stato.

Si può quindi immaginare con quanta gioia, la sera del 14 settembre, udii venire dall’ingresso la nota voce dell’ispettore Lestrade: una sua visita non poteva che significare lavoro per il mio amico. Holmes, da parte sua, si rizzò a sedere come un vecchio segugio al suono del corno da caccia e mi fece cenno di liberare una poltrona per l’ospite. Mentre spostavo un fascio di giornali sul pavimento – eravamo circondati dall’abituale confusione di carte, libri e strumenti di laboratorio – Lestrade introdusse la sua fisionomia da furetto nel salotto. Sedette e accettò con gioia sigaro e whisky. – Mi ci voleva – disse grato. – Mai vista tanta nebbia in questa stagione.

Né io, riflettei, l’avevo mai visto così stanco e smagrito.

– Allora, Lestrade, – esordì gioviale Holmes, caricando la pipa di creta nera, la preferita quando doveva riflettere – a che debbo il piacere di questa visita inattesa?

– In primo luogo, devo precisare che sono qui per gravi ragioni di servizio – enunciò impettito l’ispettore.

Il suo tono protocollare accese una luce divertita negli occhi grigi di Holmes. – Davvero? Purché non si tratti di Whitechapel, lei sa bene che non posso occuparmene.

– Certo che è per Whitechapel! C’è forse qualcos’altro di cui valga la pena parlare in questi giorni?

– Oh, sa, dipende anche dai punti di vista. Prenda me: ultimamente, sono affascinato dalle vicende relative alla successione al trono di Germania... Però, ora che mi ci fa pensare, di Whitechapel ho letto che… aspetti, com’era?… Ah, sì: pare che anche la pista Pizer sia finita nel nulla.

Lestrade si fece di porpora. – Sì, perdio! Quel maledetto Violenia, che pure stragiurava di aver visto Pizer minacciare una prostituta, si è rivelato un ciarlatano, come del resto c’era da aspettarsi da un immigrato mezzosangue, un meticcio bulgaro e spagnolo che assomma il peggio delle due razze!

– Un bel guaio per Scotland Yard – commentò Holmes, dopo aver esalato una lenta boccata di fumo.

– Dica pure un disastro! – proruppe Lestrade – La stampa era già scatenata e ora non c’è angolo di Londra da cui non si levino accuse di inefficienza alla polizia. E badi: non solo dal popolino. Lo stesso sir Warren è oggetto di critiche feroci. C’è persino chi insinua che le indagini vadano a rilento a causa dei fatti dell’anno scorso. Immagino lei sappia a cosa mi riferisco.