Lestrade abbassò la testa e mormorò: – Signori, vi prego di scusarmi, la mia stima per voi è fuori discussione...Holmes palesò con un gesto magnanimo della mano la sua volontà di chiudere l’incidente e l’ispettore si rincuorò. – Nessuno pretende da lei l’impossibile, – riprese – e anch’io so bene come crimine e abbrutimento vadano di pari passo, ma questo è solo un aspetto del problema, in ballo c’è ben altro. Le farò un esempio. Lei di certo saprà che in questi giorni va in scena al Lyceum Theatre la commedia tratta da quel libro di Stevenson...

– Si riferisce al “Dottor Jekill e mister Hyde”? – chiese Holmes perplesso dall’accostamento. – Non l’ho ancora vista, ma giudico il romanzo una lettura avvincente.

– Sia pure, sebbene io non apprezzi il sensazionalismo di certa narrativa. Ma questo attore americano, questo Mansfield, così abile nella parte dell’uomo sdoppiato, infine quale immagine dell’Inghilterra propone? Quella di una nazione che sotto l’esteriorità del progresso cela mostri infami! E questa sciocchezza, frutto di una fantasia abnorme, ora pare trovare conferma proprio nei delitti di Whitechapel. Londra, la capitale del più vasto e ricco impero mai apparso sulla faccia del mondo, non può essere teatro di simili orrori. E se mai avvengono, il colpevole ne deve pagare subito il fio. Capisce ciò che intendo?

– Perfettamente – rispose grave Holmes.

– E non basta! Sull’Inghilterra soffia il vento della sovversione! Incombe la minaccia di oscuri poteri, decisi ad approfittare di ogni occasione propizia per fomentare sfiducia nelle autorità e promuovere il caos. E’ nostro sacro dovere contrastarli. Holmes, qui non è in gioco solo l’onore del Regno, ma anche il suo futuro e con esso quello di tutto il mondo civile – concluse Lestrade con la solennità di un prete dal pulpito.

Holmes aggrottò pensoso la fronte. – E sia – sospirò. – Pare che lei abbia trovato gli argomenti per convincermi.

Quando fummo soli, riempì la pipa, apprestandosi a una delle sue lunghe meditazioni. Canticchiava e non seppi tacere. – Holmes, se la conosco bene, lei non aspettava che di essere coinvolto in questa indagine! Che bisogno aveva di portare Lestrade all’esasperazione?

Mi guardò con malizia. – Watson, la stima che gli sciocchi ci concedono è inversamente proporzionale alla facilità con cui ottengono il nostro aiuto. E questa norma di buon senso vale anche per i nostri sproloquianti ospiti e per i loro inetti superiori.

In merito ai fatti dei giorni seguenti, il mio taccuino è colpevolmente scarno; ma, come ho già detto, allora avevo altro per la mente. Le mie note si limitano a riportare che Holmes prese ad uscire all’imbrunire, perfettamente camuffato nelle guise più miserabili – dal nostro appartamento poteva uscire un facchino a giornata, un ambulante di infima condizione e commerci o un vagabondo macilento – e che spesso dovetti medicargli le nocche escoriate. E sebbene non mi dicesse mai nulla delle circostanze che lo obbligavano a ricorrere alle sue doti di pugile, mi era almeno chiaro che l’indagine, condotta nei quartieri più malfamati di Londra, non si presentava né agevole né esente da rischi.

Tuttavia, ho un vivo ricordo della meraviglia che provai nel constatare come all’iniziale sfoggio di energia, usuale in lui quando affrontava un nuovo caso, seguisse una fase di strana acquiescenza: diradò le uscite, preferendo restare in casa ad aspettare notizie da quella sua banda di ragazzetti di strada, i cosiddetti Irregolari di Baker Street.

Una mattina – era domenica 30 settembre – mi alzai prima del solito, avendo da sbrigare una lunga lista di commissioni, e lo trovai seduto al tavolo della prima colazione. Mi meravigliai, dato che non era nelle sue abitudini levarsi così per tempo, specie quando seguiva un caso, ma fu soprattutto la sua espressione tetra a colpirmi.

– Holmes! Come mai così mattiniero?

– A dire la verità, non sono neppure andato a letto – rispose cupo.

– Ah, così non va… – lo rimproverai, apprestandomi a imburrare una fetta di pane.

– Watson, lei ha perfettamente ragione! Non vale davvero la pena che io insista in questa assurdità!

Mi fermai con il coltello a mezz’aria. – Non la seguo.

– Perché lei non sa che stanotte l’assassino ha colpito con ferocia inaudita, per ben due volte e in luoghi diversi!

– Ma è incredibile! Inaudito!