E’ ormai da tempo che il giallo (in senso generale: per me i vari thriller, noir e via dicendo sono comunque sempre gialli) è cambiato e sta cambiando trasformandosi in modo vertiginoso e incrociandosi più o meno fruttuosamente con i vari generi e sottogeneri. Questo è scontato, soprattutto per gli addetti ai lavori. In questi ultimi tempi mi pare che all’interno del giallo, anche di quello tradizionale, venga fuori sempre di più l’esigenza da parte dello scrittore di portare alla luce le problematiche sociali e di filosofeggiare, diciamo così, su di esse o su alcuni aspetti della vita dell’uomo. Aggiungendovi, magari, lo scandagliamento forsennato dell’animo del suo personaggio principale. Parto dall’ultimo libro che sto leggendo e sul quale ritornerò in maniera più decisa in un prossimo articolo.

Mi riferisco a Nido vuoto di A.G.Bartlett, Sellerio 2007, in cui si intrecciano le riflessioni sulle problematiche individuali della protagonista, l’ispettore Petra Delicado, e quelle di chi le ruota attorno (vedi matrimonio, meglio stare soli o in compagnia?, lasciare il fidanzato, depressione ecc…) con tutta una serie di osservazioni sulla società: critica dei giovani, dei

loro comportamenti e abbigliamenti; dei centri commerciali, i “luoghi più inospitali, volgari e nauseabondi dell’intero pianeta”; dello sfruttamento del lavoro minorile e straniero, della pedofilia, della pornografia minorile ecc…

Diciamo  la verità. Almeno la mia. Alcuni degli scontri continui ed incessanti (fin troppi) tra Petra Delicado e Fermin Garzón sembrano talvolta infilati a forza per discussioni filosofiche sull’amore, sul matrimonio, sulla solitudine e sulla vita in generale e non per necessità effettive inerenti allo sviluppo del racconto o, comunque, allo sviluppo del loro rapporto (che è già un pezzo avanti). Ed ogni tanto si insinua anche qualche lieve forzatura per quanto riguarda l’inserimento degli aspetti sociali. Seppure la Bartlett sia molto brava a “ricucire” i due piani e a rimettere le cose a posto. Per cui alla fine quasi nessuno se ne accorge (magari solo un bischero come il sottoscritto). Sul tourbillon psicologico della nostra Petra poi c’è poco da dire. Un tormento continuo, parossistico, ossessivo. Da manicomio (per lei e per noi lettori).

Il problema è che non sempre gli scrittori sono bravi come la scrittrice spagnola e riescono ad amalgamare in qualche modo questi diversi piani. Ed allora si assiste di tanto in tanto quasi ad un coitus narrativo interruptus (questa m’è garbata) per tirare fuori il solito pistolotto morale (spesso nemmeno tanto sentito) e fare la figura dello psichiatra bello. A tutto danno sia del racconto vero e proprio che del pistolotto e della anamnesi pazzesca.  Una cosa che non è né carne né pesce. Ergo, per molti è meglio decidersi se scrivere un romanzo poliziesco, o un trattato sociale,  psicologico o filosofico. Tutto qui.

 

Sito dell’autore www.libridiscacchi.135.it