Io ringrazio gli dèi, dovunque siano,

Per la mia anima indomita.

Questa poesia e Teocrito, anzi solo due versi di Teocrito, sono l’inizio e la fine delle mie conoscenze poetiche. Io frequento delle lezioni, naturalmente. Lezioni di inglese, di architettura, di musica, di storia, specialmente di storia, e di molte altre materie. E di matematica. Posso farlo solo nelle classi popolari perché non posso accedere alle classi regolari.

– Avete mai cercato di... di...?

– Leggere e scrivere? Sì. La mia stanza è piena di libri grandi e piccoli. A-b, ab; g-a-t-t-o, gatto; e molti libri da copiare. Ma non ci riesco. Riesco a scrivere le lettere dell’alfabeto, soprattutto quelle che bisogna usare nei calcoli matematici, ma non riesco a fare di più. Mi sembra di entrare in un banco di nebbia, una sorta di muro impenetrabile che mi confonde e si prende gioco di me. Io so che g-a-t-t-o significa gatto, ma quando vedo la parola “gatto”, per me è solo una combinazione di strani segni e curve. È una malattia. Il dottore l’ha chiamata in un certo modo... che non ricordo perché non so leggere.

In quel momento entrò il dottor Merville, un uomo magrolino, pallido, miope, irritabile e puntualmente preoccupato. Entrò in salotto in tutta fretta. Beryl immaginò che avesse corso per le scale. Guardò Sault con fare accigliato e irritato; ignorò la ragazza.

– Ciao, Sault... non avevo idea che fossi qui. Vuoi seguirmi nel mio studio?

Era senza fiato e Beryl capì che era arrabbiato per qualcosa. Le venne in mente che forse si era risentito del fatto che lei si fosse intrattenuta con l’inelegante visitatore.

Lo studio era adiacente al salotto e Sault uscì con un lievissimo cenno del capo.

– Sono felice di avervi conosciuto, mademoiselle.

Ambrose Sault non era un uomo al quale si poteva mettere fretta. Ritornando sulla soglia, l’impaziente dottor Merville si accorse del gentile saluto tra i due.

La porta dello studio si era appena chiusa alle spalle di Sault, quando si riaprì e la ragazza vide comparire suo padre.

– Perché diavolo hai fatto salire quel tizio, Beryl? Avrebbe potuto benissimo aspettare nella stanza della servitù... in tinello, o da qualsiasi altra parte. Supponi... che fosse arrivato qualcuno!

– Credevo che fosse un amico del signor Steppe – rispose lei calma. – Tu conosci gente così strana! Chi è?

– Chi, Sault? Oh, lui è...

Il dottor Merville non era preparato a definire con esattezza la posizione del proprio visitatore.

– In un certo senso è un dipendente di Moropulos... l’ha assunto durante uno dei suoi viaggi. È un anarchico.

Lei sobbalzò.

– Un cosa?

– Ecco, non proprio un anarchico... un comunista... Comunque,, un tipo con strane idee su certe... cose. Crede nell’uguaglianza tra le razze. È un tipo eccentrico, un sognatore. Si è messo in testa la folle idea di raccogliere un milione di sterline per fondare un collegio, lui lo chiama il Collegio della Madre. Ma ora basta, mia cara, non preoccuparti di lui; è una persona complessa. Ti parlerò di lui un giorno o l’altro. – Uscì dalla sala e si precipitò nel suo studio, chiudendo la porta con violenza.

Beryl Merville continuò a pensare ad Ambrose Sault per un bel po’ di tempo prima di tornare alla sua scrivania, dove l’interrotta lettera a Ronald Morelle aspettava una conclusione.

            

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