Ho letto I misteri di Madrid di Antonio Munõz Molina, Passigli editore 2006. Veniamo subito al sodo. Il perché del titolo a questo articolo lo spiegherò alla fine. Lorencito Quesada, corrispondente del giornale di provincia “Singladura”, riceve una telefonata perentoria da don Sebastian Gadalimar, multimilionario, aristocratico e presidente della confraternita del Santo Cristo de la Grena, “Venga a trovarmi alle undici nella sacrestia della nostra cappella”. Detto fatto. Per il giornalista è un onore. Si prospetta una bella intervista. Con una delusione. E’ stata rubata la statua del Santo Cristo. Urge ritrovarla. Uno dei ladri ha perso un parrucchino inconfondibile “Era un parrucchino di capelli neri, di un tono azzurrino, sintetico, quasi una parrucca da donna, raccolti in dentro, con una specie di ricciolino in un punto che doveva corrispondere alla fronte”. Quello di Marias Antequera, l’astro della canzone spagnola. Sembra impossibile dato che Lorencito lo conosce, lo ha intervistato, ha potuto constatare la sua onestà e la sua devozione. Ma carta canta. Il giornalista è l’unico che può mettersi in contatto con lui. Deve partire immediatamente per Madrid dove si esibisce tutte le sere e, guarda caso, dove non si è esibito il giorno del furto. Non c’è da ribattere. Si parte. E si arriva in una città che lo paralizza. Nella pensione in cui si è sistemato gli arriva una busta con dentro un’unghia curva, la reliquia strappata dalla mano del Santo Cristo de la Grena! Riceve anche una telefonata da Matias Antequera che lo invita a non credere a nulla di quello che gli è stato detto, seguita da un rumore simile a quello di uno sparo. Incontra Pepin Godino, un compaesano agente di artisti di varietà. Baci e abbracci. Ricca abbuffata e due particolari che non tornano “Pepin Godino, spinto dalla fretta, non si è ricordato di pagare il conto; che lui, in nessun momento, gli ha detto di essersi fermato alla pensione del signor Rojo. Attratto dalla insegna “Creazioni Dilaila. La Boutique del capello” ma, soprattutto, da una grande foto in vetrina di Matias Antequera con la sua nota parrucca. Dal gestore viene a sapere che in precedenza tre brutti ceffi lo hanno costretto a dargli un parrucchino come quello della vetrina. Nel locale “Il Corral de la Fandango” dove si esibiva Matias Antequera una ballerina (che aveva già incontrato per la strada) gli mormora all’orecchio “Svelto, scappi per quella porta dove c’è scritto privato. Mi aspetti fra un’ora al Café Central”. Trova la ballerina che lo mette al corrente del rapimento di Matias e delle sue ultime parole sentite al telefono”El universo de los Habitos”. Incontro di nuovo con Pepin Godino che lo porta al più grande sexy shop di Madrid e d’

Europa dove rischia di essere ucciso dallo stesso orientale che gli ha portato la busta alla pensione e perseguitato con una videocamera. Riesce a trovare il negozio di vestiti con l’insegna “El universo de los Habitos”, si intrufola nel retrobottega, trova una botola dove c’è la statua del Santo Cristo de la Grena. Viene catturato da due individui che hanno come capo Pepin Godino. Matias Antequera è morto e lui farà la stessa fine. Durante il viaggio su un furgone, legato e incerottato alla bocca, si libera per pura fortuna e viene scaraventato in terra. Descrizione dei “morti viventi” delle baraccopoli e poi degli utenti di un autobus che con rutti, scorregge e sputi lo costringono a scendere. Si dirige verso l’ufficio del “falso e sleale” Pepin Godino. E qui trova un’altra sorpresa “Girò la maniglia e la porta si aprì: di fronte a lui, steso su un sofà di plastica verde, Pepin Godino respirava con gli occhi chiusi e la bocca umida aperta, con la camicia bagnata di sangue”. E qui mi fermo per non togliere gusto al lettore. E per non perdere il filo della storia.

Il personaggio: Lorencito Quesada vive da solo con una madre praticamente sorda che guarda in continuazione telenovela. Pantofolaio, cicciotello, con pochi capelli “sul cucuzzolo della testa”, beve normalmente china di San Clemente e mangia uova bollite. Ha il labbro superiore spaccato e sollevato verso il naso che trema quando è in ambasce. Madrid lo mette in crisi. Troppo caotica e convulsa, troppo piena di malfattori, di puttane, di omosessuali, di drogati, di stranieri. Soprattutto gialli. “Rifletté tra sé che la razza gialla cominciava a dominare il mondo”. Anche la cucina ormai è in mano straniera “Pensò con ripugnanza a quegli odori di fritture pagane che infettavano l’aria nel corridoio della pensione”, oppure “Era possibile sopravvivere per molto tempo in una città dove la gente si alimentava di cibo cinese, malsani stufati con salse africane e panini senza sostanza e carissimi?”. Non la scampa nemmeno la musica, “quella strana musica moderna, interpretata dai negri” che a lui “fece l’effetto di ridurgli la testa come un tamburo”. Imbranato fradicio. Nella stanza della pensione, in m momento in cui deve rispondere al telefono e aprire alla porta, sbatte contro le sbarre del letto, rovescia un bicchiere d’acqua per terra, sbatte di nuovo contro le sbarre del letto, si scontra con l’uomo apparso davanti alla porta. In un altro momento “Dopo aver sbattuto la fronte, come al solito, contro il vetro antiproiettile, Lorencito pagò rapidamente il tassista”. All’occorrenza, però, sa diventare agile e veloce. E se colpito nel vivo tira fuori una certa forza dalla sua debolezza. Attirato e impaurito allo stesso tempo dal sesso “Quando il taxi frenò all’altezza di un chiosco, nella piazzetta Embajadores, Lorencito Quesada aguzzò la vista automaticamente per distinguere le prime pagine delle riviste pornografiche che erano la maggioranza e pensò, con riprovazione verso se stesso, che si distraeva dal suo compito e metteva in pericolo la sua anima a causa di quella fertile proliferazione di anatomia femminile”. Quando la ballerina bionda lo invita ad entrare nel bagno (sono inseguiti) per parlare “Lorencito era in dubbio: in quel fortino riservato alle donne moriva di vergogna”. Per non farsi riconoscere da qualcuno che sta per entrare la bionda lo abbraccia e lo bacia. Questo momento resterà indimenticabile “Ma lui, Lorencito, invece di ascoltarlo, si sentiva in paradiso ricordando la calda morbidezza del seno palpitante della ballerina dalle cosce dure e lunghe che avevano attanagliato le sue per meno di un secondo nel bagno delle signore del Café Central”. Naturalmente tale fissazione porta spesso ad una divertente caricatura come quando si ritrova “eccitato sessualmente come il manico di un pentolino messo sul fuoco…”. E potrei continuare.

Bel libro ( anche se la critica alla civiltà urbana e al miscuglio delle razze è un po’ datata essendo stato pubblicato la prima volta nel 1992) che ricorda, come è stato giustamente osservato,  per l’affollarsi degli eventi, certe novelle del Decamerone. Basato sull’ironia ed il sorriso. Una strada che ci salverà dal pericoloso debordamento che sta prendendo il giallo in generale. Un coacervo (fatte le debite eccezioni) di violenza e sesso del tutto gratuito. Sì, ne sono sicuro. Un sorriso ci salverà. Forse.

 

Sito dell’autore www.libridiscacchi.135.it