Il nipote della vittima,Giovanni Bruni,sui venticinque anni,rachitico e smunto,dichiarò di non essersi mosso dal piano superiore dalla mattina anche perché indebolito dall’influenza;il fratello del Conte,il prelato Don Ardigò,più giovane di qualche anno,circa cinquant’anni,dichiarò di essere rimasto nella sua camera a leggere la vita di Sant’Ignazio,sino a quando non si era sentito lo sparo;e il capitano Piacentini suo amico dai tempi della Campagna d’Africa,quando il Prelato era Cappellano Militare,era rimasto con lui, a dormire. Aggiunse che i libri provenivano da una biblioteca non grande come quella del piano-terra ma pur sempre vasta,che si trovava al primo piano in corrispondenza della prima,mentre in corrispondenza della Sala da Pranzo,vi era lo Studio personale e

la Camera da Letto del Conte;infine al secondo piano erano ubicate le camere degli ospiti, e al terzo,quelle della servitù.

Infine Arnesi,un bell’uomo sulla cinquantina,dallo sguardo penetrante e dalle mani lunghe e affusolate,aveva rivelato di esser rimasto sopra in attesa che il Conte lo convocasse per ridargli un testo che stava consultando e che era suo.Poi, tranne il prete e il Cap. Piacentini,si erano messi a giocare a biliardo.Ma del resto dalla sala dov’erano riuniti,si poteva guardare la porta della camera del prete,e tutti giuravano che questi non si fosse mosso.Eppure uno di costoro era l’assassino.E avevano tutti sentito lo sparo all’ora indicata dal Maggiordomo.

Il Commissario Lessona doveva innanzitutto rispondere alla domanda dei latini:“Cui prodest?”, stabilire cioè il movente che avrebbe spinto qualcuno ad uccidere il Conte.E non era facile. Occorreva indagare.

Diede ordine ai suoi agenti di interrogare i presenti e vagliare le loro risposte.Inoltre disse a Ottone di sorvegliare,facendo un lavoro per bene,Bontà, perché “quel diavolo di maggiordomo” qualcosa sicuramente non l’aveva detta.Non andava trascurato nulla.Dalla perquisizione,nella cantina, polverosa,umida ed enorme come la casa e stipata di bottiglie di tutti i marchi,Barbarossa e Chianti, Amarone e Barolo,Ghemme,Fara,Brunello di Montalcino e Sfursat,ma anche botticelle di Borgogna e Bordeaux,gli agenti al comando di Ottone avevano trovato i resti di una rilegatura linda su cui si leggeva con difficoltà “..rois son..” e poi “..1825,par..” e il nominativo dell’autore illeggibile.1825 significava cosa?Forse l’anno di composizione, ma di chi?E perché la rilegatura compresa di copertina giaceva lì?E da quando?E perché il contenuto era scomparso? La rilegatura e la copertina nascondevano forse il movente del delitto?Poi mentre stava risalendo gli scalini che portavano nella cucina intuì cosa potesse essere quell’opera.Certo che se proprio era quello che lui pensava,allora… si sarebbero spiegate tante cose.E anche il modus operandi sarebbe stato quello che pensava se…Doveva innanzitutto esaminare la porta e la serratura in particolare per capire come aveva fatto l’assassino a volatilizzarsi,da una stanza vuota e con la neve priva d’impronte sotto la finestra.Ritornò in biblioteca.Esaminò la serratura e la chiave in particolare.Sprofondò in una delle poltrone assaporando poco alla volta  un po’ di Xeres e si concentrò.Passò così due ore.Quasi tutto era chiaro.Le minuzie sarebbero state spiegate dopo.Un assegno intestato di 100 milioni trovato in una giacca al piano di sopra spiegò il resto.Dopo aver dato direttive ai suoi agenti di presidiare le uscite del castello, cadde nelle braccia di Morfeo.Alle ore 8 dell’indomani mattina ebbe la visita di Princigalli che così gli si rivolse.

-Caro Commissario, mi dovrà offrire un bel pranzo per qualche ho scoperto..

-Cosa?

-Nella bottiglia e nel bicchiere vi era solo ottimo vino,ma…è meglio cominciare dall’inizio. Si sarà sicuramente accorto che dalla ferita alla tempia destra era uscito quasi niente sangue. Come mai?La risposta sta nel fatto che l’assassino prima di sparare al conte lo aveva addormentato:me ne sono accorto esaminando il corpo.Ho notato piccole emorragie polmonari e dei vasi cerebrali oltre che piccole trombosi, elementi peculiari di un avvelenamento.Sì,sì, mi lasci finire.Allora,dicevo che ho avuto dei sospetti che si sono materializzati quando ho esaminato il tessuto adiposo del cadavere.La sostanza in questione,un barbiturico,si deposita infatti lì.A quel punto ho fatto il test conclusivo:sangue+soluzione Tampone+cloroformio (il cloroformio estrae i barbiturici);ho trattato l’estratto con mercurio carbonato,poi con acqua e infine con ammoniaca;titolandolo con ditizone,se fosse stato davvero un barbiturico,avrebbe dovuto avere un colore arancione per poi passare al verde,cosa che è avvenuta.Un mio collega chimico mi ha detto che probabilmente si tratta di FENOBARBITAL.